Carlo Cottarelli senza mezzi termini ai microfoni di Huffington Post: tornando al G8 di Genova di venti anni fa, «i No Global guardavano avanti, i problemi persistono». L’economista, al tempo al Fondo monetario internazionale, ha spiegato infatti che chi allora guidava l’economia e la finanza internazionale si rendeva solo in parte conto dell’entità dei fenomeni che stavano accadendo.
Carlo Cottarelli ha riconosciuto che i costi della globalizzazione erano stati sottovalutati in alcuni importanti aspetti, ma non solo: «Su tanti dei temi sollevati siamo rimasti ancora alle parole». Il consulente di Brunetta ha ricordato che venti anni fa il Fmi considerava la liberalizzazione dei movimenti di capitale come una priorità, ma con la crisi del 2008 «ci si è resi conto che le crisi di domanda si dovevano fronteggiare solo con politiche espansive, sempre che ci fossero adeguate fonti di finanziamento». Ma non solo, Cottarelli ha sottolineato che con la riduzione dei tassi di interesse reali a livello mondiale è diventato meno oneroso indebitarsi.
CARLO COTTARELLI E LA GLOBALIZZAZIONE
Un altro elemento molto importante, ha aggiunto Carlo Cottarelli, è che con la crisi del 2008 le istituzioni che governano l’economia mondiale hanno iniziato a riflettere sul fatto che la globalizzazione poteva avere anche effetti negativi. L’economista, soffermandosi sulla tassazione minima globale, ha rimarcato che il tema era già rivendicato negli anni Novanta dal Fmi, ma non se ne fece nulla: «Il problema è diventato sempre più evidente. Basta pensare al fatto che a metà degli anni ’80 il livello medio delle tassazioni dei profitti delle società nei Paesi Ocse era il doppio rispetto ad oggi. Oggi il G-20 riparla di tassa minima globale, ma non sono così fiducioso che questa possa essere la volta buona». Sul punto, Carlo Cottarelli ha precisato che è necessario convincere tutti ed è tutt’altro che scontato centrare l’obiettivo. Tornando sulla globalizzazione, Cottarelli ha messo in risalto che è difficile da governare: «Uno strumento può essere la tassazione minima globale così come sarebbe auspicabile uniformare le tutele per i lavoratori, ma come si fa ad obbligare i Paesi in via di sviluppo ad accettare questo impegno? I Paesi più avanzati ripetono che bisogna ridurre le emissioni di CO2, ma per decenni ne hanno prodotto quantità enormi: è difficile convincere i Paesi in via di sviluppo che ora bisogna farlo. Viviamo in una stagione di grandi conflitti d’interesse».