Si accorciano i tempi per il recepimento della direttiva sulle case green: in Italia più del 60% degli immobili dovranno essere ristrutturati
Si accorcia sempre di più il tempo che ci separa dalla necessità di recepire la cosiddetta normativa sulle case green che – per volere dell’Unione Europea e salvo eventuali future modifiche – dal 2030 renderà impossibile vendere le abitazioni che rientrano in una delle classi energetiche ‘peggiori’.
Un tema non sa poco, perché stando agli ultimi dati disponibili nell’arco di appena cinque anni scarsi saranno più del 60% gli immobili e le abitazioni che dovranno subire ingenti ristrutturazioni per rientrare nei parametri definiti dalla normativa case green; il tutto mentre il Superbonus – danneggiando pesantemente le casse delle stato – è riuscito nell’arco di tre anni a dare respiro solamente al 5% degli edifici ed oggi non ci sono reali incentivi vantaggiosi per i proprietari.
Prima di arrivare a norme, bonus e decreti attualmente in vigore, vale la pena ricordare che dai censimenti ufficiali solamente il 33,4% degli immobili italiani rientra a pieno titolo dentro ai paletti delle case green: tra questi – però – la fetta più importante è occupata dalla classe energetica D che da sola raccoglie il 12% degli edifici; e mentre appena l’11,4% fa parte delle quattro classi A (ovvero A1, A2, A3 e A4).
Il dato preponderante ci parla di un 66,7% di parco immobiliare che rientra – a vario titolo – nelle tre classi energetiche peggiori, con la G (quella minima) a fare la parte del leone con il 28,3% di immobili al suo interno.
Come adeguarsi alla direttiva case green: tra bonus e decreti, la strada nei prossimi anni è complessa e costosa
Insomma – per dirla in altre parole -, per adeguare il nostro paese alla direttiva sulle case green saranno necessari interventi su almeno due terzi degli immobili che in larghissima parte (circa 24 milioni sugli attuali 35 complessivi) risultano essere stati costruiti precedentemente al 1981 quando entrarono in vigore le primissime norme nazionali antisismiche e sul risparmio energetico.
Il Superbonus – almeno nell’idea del legislatore – avrebbe dovuto dare nuovo vigore al parco immobiliare, ma a fronte di appena un misero 5% di immobili ristrutturati, ha generato un giro d’affari (e un buco per le casse statali) di oltre 290 miliardi di euro nell’arco di tre anni, rendendolo – di fatto – insostenibile.
Al contempo, oggi per chiunque voglia adeguarsi alla direttiva sulle case green restano attivi solamente bonus del 50% validi esclusivamente sulle prime case e limitati al 36% sulle seconde e sugli immobili commerciali: l’opzione economicamente ed energeticamente più vantaggiosa sarebbe quella di demolire e ricostruire interamente case e condomini.
Ma va da sé che si tratta di un’ipotesi complessa perché al contempo si dovrebbe anche garantire soluzioni temporanee agli inquilini; così come si può sempre valutare una coibentazione interna della propria abitazione di proprietà, al costo di una perdita dello spazio calpestabile e di numerosi rischi dal punto di vista del ricircolo dell’aria.