Caso doping Sinner, la Wada tramite il suo portavoce ha fatto chiarezza sui motivi che hanno portato al patteggiamento con il numero 1 Atp.
DOPING SINNER: LA WADA FA CHIAREZZA
Ormai sul caso doping Sinner è stato detto di tutto: da quello che è successo alle possibili spiegazioni circa il patteggiamento che ha portato alla squalifica per tre mesi (scadrà il 4 maggio, in tempo perché Jannik Sinner giochi gli Internazionali d’Italia) fino alle reazioni di colleghi e addetti ai lavori, e poi naturalmente di casi ad esso correlati; evidentemente però c’è ancora qualcosa per cui scavare o comunque approfondire, e lo ha fatto il Corriere della Sera andando a chiedere spiegazioni alla fonte, vale a dire la Wada.
James Fitzgerald, portavoce dell’Agenzia mondiale antidoping, ha fatto chiarezza sul provvedimento che ha interessato Sinner: riassumiamo perché il discorso sarebbe lungo, il punto saliente è che i tre mesi di sospensione derivano dal fatto che la Wada si sia resa conto che “un anno non sarebbe stato appropriato per un caso così particolare”. Vale a dire, a Sinner – e questo lo sapevamo già – sono state ritenute tutte le attenuanti del caso, ovvero la quantità minima di Clostebol trovata nelle urine e il fatto che lo stesso numero 1 Atp non fosse a conoscenza di essere trattato con una sostanza vietata dal codice.
Fitzgerald ha posto l’accento sul fatto che, in questo modo, la sanzione per Sinner non sia troppo severa mentre l’agenzia antidoping veda riaffermato il principio della “responsabilità dell’atleta verso i membri del team”. A tale proposito, il portavoce ha anche fatto sapere che Umberto Ferrara – preparatore atletico – e Luca Naldi – fisioterapista – siano stati effettivamente valutati nella loro posizione: Nado Italia, che fa capo alla Wada, lo ha fatto ma non ha proceduto contro di loro (e infatti Ferrara è oggi nel team di Matteo Berrettini) perché mancherebbe l’elemento dell’intenzionalità.
LE CONSEGUENZE DEL CASO DOPING SINNER
Nel caso doping Sinner sono dunque entrati Naldi e Ferrara, di fatto i responsabili (sia pure inconsapevoli) del doping dell’altoatesino: anche qui, spiega Fitgzerald, l’articolo 2 con i suoi vari comma prevede che anche i membri del team, siano essi tesserati o meno, siano perseguibili. Il caso doping Sinner insomma potrebbe aver fatto giurisprudenza; intanto, bisogna aggiungere qualche particolare ovvero il fatto che al numero 1 sia stata concessa la possibilità di allenarsi su campi anche federali, cosa che potrebbe non essere prevista dal regolamento tanto che, se ai tempi la sanzione fosse stata finalizzata, Sinner avrebbe potuto passare qualche guaio per essersi allenato a Doha per circa una settimana.
Intanto, quello che già sappiamo è che dal 2027 la questione cambierà: sparirà dal codice dalla Wada la pena base di un anno e si andrà da una reprimenda ai due anni di squalifica, naturalmente a seconda della gravità del caso. Con il futuro sistema già in vigore, a Sinner sarebbe stato detto “non farlo più” e tutto sarebbe scoppiato in una bolla di sapone; il problema è che invece, con patteggiamento e tre mesi di sospensione, e come brillantemente scrive il Corriere della Sera, l’azzurro si è sporcato la fedina sportiva e questo potrebbe incidere eccome, perché in caso di nuovo caso doping le sanzioni sarebbero raddoppiate.