“C’è legame tra pandemia e suicidi”/ Psichiatra: “Giovani sono categoria a rischio”
Il legame tra pandemia e suicidi, ma non solo. L’esperto Federico Tornioni: “Il disagio principale causato dal coronavirus l’hanno vissuto gli adulti”

«C’è un raccordo diretto tra pandemia e suicidi»: netto Federico Tonioni ai microfoni di Huffington. Psichiatra e psicoterapeuta, l’esperto è il direttore del Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da Web presso la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma ed ha acceso i riflettori sulle ultime rilevazione dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma circa l’aumento del 30% di tentativi di suicidio ed autolesionismo.
A differenza della prima ondata, adesso anche i giovani rappresentano una categoria a rischio. Sul legame tra pandemia e suicidi, Federico Tonioni ha rimarcato che il Covid-19 ha traumatizzato gli adulti soprattutto nel corso della seconda ondata, periodo in cui per molti ragazzi «si è aggravata per la mancanza di relazioni»: «La pandemia perdura e condiziona il vissuto dei ragazzi. I giovani sono in difficoltà e i bambini hanno pochi strumenti per dimostrarlo. Invito tutti, in materia di suicidio, a non fare allarmismi perché le fantasie suicidarie fanno parte del pensiero umano».
FEDERICO TONIONI: “C’É RACCORDO DIRETTO TRA PANDEMIA E SUICIDI”
Federico Tonioni ha evidenziato che chi aveva già una disarmonia sociale è andato incontro a peggioramenti, ma il Covid-19 ha aggravato soprattutto la situazione dei ragazzi “sani”. E, ovviamente, molti ragazzi hanno cercato spazio online nel corso del lockdown: «Grazie a internet, e non a causa di internet, i giovani possono realizzare le uniche relazioni possibili in questo periodo. Il disagio principale causato dal coronavirus l’hanno vissuto gli adulti».
Tornando ai più giovani, l’esperto ha sottolineato sui possibili campanelli d’allarme: «La prima cosa è la solitudine. I cosiddetti “bambini buoni” che non creano mai problemi sono quelli che hanno più difficoltà. Questi bimbi si consolano con un bel voto a scuola ma preferirebbero fare altro. Un bimbo deve essere libero e non fare fatica. Questa storia che la fatica fa crescere non è più valida. L’apprendimento deve essere gratificante e divertente. Io mi occupo di ragazzi che vanno male a scuola ma sanno tutto sul Rinascimento grazie ad “Assassin’s Creed”. Se fosse per me, la scuola si farebbe tutta con tablet e visori immersivi e senza zaini che pesano venti chilogrammi. Questa sarebbe la scuola digitale? A me viene da ridere».
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