Chandrayaan-3 è riuscita a superare brillantemente ogni ostacolo, portando a terra – un mese e 384mila chilometri dopo la sua partenza – un lander statico ed un rover adeguatamente attrezzato per effettuare esperimenti scientifici nell’area lunare. L’obbiettivo della missione indiana era e resta principalmente quello di sperimentare nuove tecnologie per i viaggi interplanetari, ma grazie ai due veicoli ora sarà possibile analizzare la composizione del nostro satellite. Il Surface Thermophysical Experiment (ChaSTE), di cui è dotato il lander, permetterà di misurare le proprietà termiche della superficie lunare, mentre l’Instrument for Lunar Seismic Activity (ILSA) permetterà di misurare la sismicità nei pressi dell’area di atterraggio.
E ancora: il Radio Anatomy of Moon Bound Hypersensitive ionosphere and Atmosphere (RAMBHA), permetterà di approfondire lo studio dei gas e del plasma, mentre un avanzato sistema di specchi catarifrangenti fornito dalla Nasa, sarà adoperato per effettuare misurazioni sulla distanza che separa la Luna dalla Terra. (Aggiornamento di Jacopo D’Antuono)
Chandrayaan-3, una missione esplorativa di successo
Dopo poco più di un mese di viaggio, la sonda lunare Chandrayaan-3, sviluppata dall’agenzia spaziale dell’India, la Indian Space Research Agency, è risuscita ieri pomeriggio ad atterrare senza problemi sul suolo della Luna. Parte così, ufficialmente, la prima vera e propria missione esplorativa del satellite terreste per il governo indiano, che punta ora a dimostrare l’importanza dei suoi progressi scientifici e spaziali, in un periodo in cui si sta riaprendo la corsa allo spazio.
Chandrayaan-3 era partita dalla Terra lo scorso 14 luglio, con lo scopo di raggiungere dopo circa un mese il suolo lunare. Dopo diversi sorvoli attorno al nostro pianeta, necessari affinché la sonda ottenesse il giusto slancio data la potenza limitata dei suoi propulsori (inferiori a quelli usati nelle missioni Apollo americane degli anni ’60 e ’70, che portarono per la prima volta l’uomo sulla Luna), il razzo si è diretto alla volta del satellite. Lì, poi, Chandrayaan-3 ha proceduto al distacco della capsula contenente il lander, chiamato Vikram, che a suo volta conteneva il rover Pragyan, che ha sorvolato per alcuni giorni il suolo lunare cercando un comodo sito di atterraggio. Ieri, dopo averlo individuato, ha finalmente concluso la prima parte del suo viaggio.
Chandrayaan-3: cos’è e come funziona la sonda lunare indiana
Insomma, grazie alla missione Chandrayaan-3, l’India ieri è diventata a tutti gli effetti la quarta potenza mondiale a toccare il suolo della Luna, dopo Stati Uniti, Russia (all’epoca dell’Unione Sovietica) e Cina. Si tratta, però, del terzo tentativo di allunaggio, dopo il primo condotto nel 2008 che a causa di alcuni problemi si concluse precocemente, ed un secondo fallimento nel 2019 che non riuscì ad atterrare integro.
Dagli errori passati, l’India ha imparato e migliorato la missione spaziale, giungendo alla creazione della sonda Chandrayaan-3. Composto da tre elementi distinti (il modulo propulsivo, il lander e il rover), il razzo partito il 14 luglio pesava poco meno di 4mila kg. A bordo del rover, che è il robottino che effettivamente si muoverà sul suolo lunare, sono presenti sette differenti strumentazioni scientifiche, utili per tutte le rilevazioni sul suolo lunare. Chandrayaan-3, insomma, ha tutte le carte in regola per far dimenticare al mondo il fallimento della precedente missione del 2019, ma per ora non è ancora possibile sapere se tutto andrà, fino alla fine, come dovrebbe.
Gli obiettivi di Chandrayaan-3
Dietro al lancio della missione Chandrayaan-3, insomma, si nascondeva il neanche tanto velato obiettivo di dimostrare alle altre potenze mondiali che l’India può essere (ed è) al passo con i tempi e con i progressi scientifici dei partner/avversari. Ma oltre a questo, gli scienziati indiani tendono anche a ricavare dalla missione alcuni dati utili, tanto per le prossime missioni lunari, quanto per un possibile futuro nello spazio.
Chandrayaan-3, infatti, è stata diretta in un sito di atterraggio vicino al Polo Sud della Luna, zona attualmente ancora inesplorata. Secondo diverse osservazioni, lì si trovano alcun crateri che sono perennemente in ombra, in cui gli scienziati ritengono che si possano trovare dei giacimenti di acqua congelata. La missione dell’India, però, non arriverà probabilmente fino a quei punti, dato che avrà a disposizione circa 14 giorni (pari ad un giorno lunare) prima che i suoi pannelli solari diventino inutili, disattivandolo. Tuttavia, Chandrayaan-3 è già riuscita a fornire informazioni utili per i futuri atterraggi sul suolo del satellite in sicurezza e procederà, ora, a diverse osservazioni in situ, tra cui rilevamenti spettrali, polimetrici, sismici e delle temperature complessive.