Charlie Kirk, 31 anni, attivista conservative pro Trump, è stato ucciso da un attentatore durante un evento alla Utah Valley University. Era molto divisivo
Charlie Kirk era un personaggio speciale. Lo era soprattutto per i giovani che in lui ritrovavano quel coraggio che avevano perso o che non avevano mai avuto, il coraggio di ergersi, di resistere all’ondata del pensiero dominante che da anni soffia potente e pesante sugli Stati Uniti, particolarmente nei campus delle università.
Kirk in tredici anni di impegno politico ha dato voce a questi giovani che non trovavano affatto corrispondente alla loro sensibilità ed educazione quello che il mondo liberal andava proponendo ed imponendo. Che piaccia o meno, questo è ciò che Charlie Kirk portava avanti con il suo Turning Point USA, un’organizzazione non profit all’insegna del conservatorismo politico tra i giovani.
Nuova coscienza o vecchia ideologia riverniciata?
Podcasts, articoli e soprattutto infiammati dibattiti in lungo e in largo per il Paese, dibattiti in cui Kirk sfidava chiunque, senza paura, uscendone sempre vincitore, almeno a parole. Affabulatore affascinante, provocatore pungente e spietato, oratore scaltro e convincente, aveva rivitalizzato i vecchi valori di sempre del cristianesimo protestante americano incanalandoli nel pensiero politico repubblicano, diventando di fatto uno dei principali punti di forza della creazione e dell’esistenza di Trump come presidente degli Stati Uniti.

Molti lo amavano, molti lo odiavano, molti vedevano in lui il leale paladino del dialogo, armato solo di parola, altri l’insopportabile nuovo volto dell’intolleranza conservatrice.
E tutto questo lo ha portato alla morte, a finire ucciso come tanti, troppi protagonisti della storia politica americana. Non importa se liberal o conservative.
Perché il potere se non è servizio, è solo prevaricazione, è solo violenza.
God bless America!
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