Chiara Petrolini a processo da giugno, per ora niente perizia psichiatrica per la 21enne e il gup ha innalzato un muro sulla derubricazione in infanticidio

Duplice omicidio premeditato e soppressione dei cadaveri: sono queste le accuse che Chiara Petrolini – di cui si parla stasera a Zona Bianca su Rete 4 – dovrà affrontare nel processo che inizierà a fine giugno per i due neonati partoriti e poi seppelliti nel giardino di casa a Traversetolo, in provincia di Parma. Il GUP ha confermato due aggravanti che potrebbero valere l’ergastolo, secondo quanto riportato dalla Gazzetta di Parma: quelle della premeditazione e del rapporto di discendenza.



Il rinvio a giudizio era scontato, anche se la difesa, nella precedente udienza, aveva provato a giocarsi la carta della consulenza psichiatrica, quella di Giuseppe Cupello e Stefano Bramante, secondo cui la ventunenne Chiara Petrolini è incapace di intendere e di volere, ma non è socialmente pericolosa.

Il legale di Chiara Petrolini si è soffermato a lungo, nell’ultima udienza, sulle condizioni mentali della sua assistita, anche se non ha chiesto al giudice di disporre una perizia. Ma questa richiesta, secondo il quotidiano locale, potrebbe quasi certamente essere avanzata durante il processo, almeno per provare a ottenere la seminfermità, che abbasserebbe la pena.



PROCESSO CHIARA PETROLINI, LE STRADE DELLA DIFESA

Si prospetta una battaglia anche dal punto di vista giuridico, per via dell’aggravante della premeditazione. I legali di Chiara Petrolini proveranno a farla cadere e a far riqualificare l’accusa: infatti, nell’ultima udienza, è stato chiesto il non luogo a procedere per tutte le imputazioni e si è insistito per la derubricazione in infanticidio, reato per il quale la pena massima è di 12 anni, ma solo a condizioni precise.

La difesa di Chiara Petrolini potrebbe puntare, quindi, a una forma “attenuata” di omicidio, ma la strada sarebbe in salita e, peraltro, è stata sbarrata dal GUP, che non ha neppure disposto d’ufficio la perizia psichiatrica. La questione verrà affrontata in Corte d’assise, dove finiranno due consulenze, quelle della procura e della difesa, che sono arrivate a conclusioni opposte.



L’avvocato Monica Moschioni, che assiste Samuel Granelli, il padre dei bambini, ha commentato alla Gazzetta di Parma la notizia del rinvio a giudizio parlando di atto dovuto, visto che “la sede naturale” è la Corte d’assise, anche per gli aspetti evidenziati dalla difesa. Ma c’è un’altra questione aperta: è attesa la decisione del Riesame, che dovrà pronunciarsi di nuovo sui domiciliari.