Presentato nella sezione Venice Days – Giornate degli Autori della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, arriva lunedì 12 ottobre 2015 nelle sale cinematografiche l’attesissimo film documentario Milano 2015, lungometraggio ideato e diretto da sei diversi nomi del cinema e dello spettacolo. Autori e registi del docufilm, infatti, sono Silvio Soldini, Elio, al secolo Stefano Belisari, Walter Veltroni, Giorgio Diritti, Roberto Bolle e Cristiana Capotondi: sei personaggi tanto differenti tra loro per raccontare uno spaccato della città che, grazie all’Expo, è stata per tutto l’anno sotto i riflettori dell’intero pianeta rappresentando l’Italia agli occhi del mondo. Il film si presenta idealmente come il seguito di Milano 1983 di Ermanno Olmi, tanto duro nella richiesta di un ritorno al senso civico da venire censurato fino alla proiezione, proprio in occasione della Mostra del Cinema di Venezia, solamente nel 2013, a trent’anni di distanza. Il documentario è diviso in episodi, per poter raccontare la città lombarda filtrandone la visione attraverso la sensibilità dei sei registi, ognuno dei quali ha con Milano un rapporto diverso anche a livello personale: c’è tra loro chi ci è nato, come Elio, oppure chi l’ha conosciuta per scelta o per ragioni di lavoro, ma anche, come la Capotondi, chi ha dovuto scoprirla proprio in occasione di questo documentario.
Leitmotiv della pellicola è la virtuale divisione della città in sei strati, che vanno dal sottosuolo al cielo che sovrasta la città vera e propria, passando attraverso i volti, i sentimenti, i rumori e gli odori che animano Milano. Il capoluogo lombardo è raccontato non solo attraverso i suoi figli, milanesi d.o.c., ma anche dalle seconde generazioni di immigrati, in realtà anch’essi milanesi d.o.c. ma con una cultura familiare diversa da quella italiana.Tra gli altri, è molto interessante la lettura della città da parte di chi non la vive direttamente ma la percepisce filtrata dalle spesse mura di un convento di clausura. Diversa l’immagine della Milano che emerge dall’episodio diretto da Roberto Bolle, una delle più note stelle italiane della danza: ne La Fabbrica dei Sogni il ballerino quarantenne racconta la città dagli occhi di sè stesso bambino, un undicenne solo a Milano per muovere i primi passi sul palcoscenico, che vive con sofferenza la lontananza dalla famiglia.
E proprio Roberto Bolle ha recentemente parlato del film da lui diretto in una intervista concessa al settimanale femminile del Corriere della Sera, Io Donna: il ballerino ha raccontato la gioia di accettare la nuova sfida della regia, ma anche il difficile rapporto con la Milano che lo teneva lontano dalla sua famiglia di origine a undici anni.
Allo stesso tempo racconta, come ne La Fabbrica dei Sogni, il suo amato Teatro della Scala, che lo ha cresciuto, lo ha scoperto e lo ha reso il danzatore di fama mondiale che è adesso.