Oggi, giovedì 25 agosto, nelle sale cinematografiche italiane esce Il diritto di uccidere (titolo orginale: Eye in the Sky), un film diretto da Gavin Hood, che vedrà tra i protagonisti Aaron Paul, Helen Mirren, Alan Rickman, Iain Glen, Phoebe Fox, Barkhad Abdi, Carl Beukes, Babou Ceesay, Richard McCabe, Lex King, Tyrone Keogh, Daniel Fox e John Heffernan.
La trama è incentrata sulla figura del colonnello Powell (Helen Mirren), posta al comando di una squadra di militari delle forze antiterrorismo cui è stato affidato il gravoso compito di catturare una cittadina inglese passata tra le file del gruppo fondamentalista islamico denominato Al Shaabab. L’operazione ha un alto valore simbolico, in quanto si tratta di una donna che ha chiaramente rinnegato i valori incarnati dal proprio Paese e deve avvenire in un territorio straniero, quello del Kenya. Nel corso dell’operazione, però, l’esercito inglese, grazie al prezioso aiuto dei droni, riesce a captare le reali intenzioni dei terroristi, che è quello di farsi esplodere in luoghi affollati, e deve perciò attivarsi con la massima urgenza e, soprattutto, prendendo in considerazione l’utilizzo di ogni mezzo possibile per fermarli prima che entrino in azione. Mentre l’urgenza di agire diventa una priorità, nessuno a livello istituzionale intende però sobbarcarsi il peso e le responsabilità che potrebbero derivare da un attacco e dai danni collaterali che quasi sicuramente ne conseguirebbero.
Il film si regge in particolare sullo scarto creato dal fatto che le scene avvengono su un teatro apparentemente neutro, quello rappresentato dalla sala in cui sono dislocati gli schermi, posizionata in territorio britannico, ovvero a grande distanza dal vero punto focale su cui in effetti stanno andando avanti i fatti. Il film di Gavin Hood si propone come una via di mezzo tra thriller e film di guerra, con la giusta spruzzata di real politik a rendere ancora più inquietante il quadro complessivo. I protagonisti sono infatti costretti ad agire in una situazione resa ancora più difficile dal fatto che il caseggiato che bisognerebbe colpire vede la presenza di cittadini britannici e statunitensi. Quando poi ad entrare in scena è una bambina locale, la domanda ricorrente diventa ancora più cruda: può la morte sicura di una ragazzina giustificare il salvataggio probabile di decine di potenziali vittime degli attacchi? La forza del film si manifesta proprio nel confronto tra le varie tesi e sul fatto che ognuna delle possibili scelte ha una sua validità intrinseca. Una forza che contrasta a sua volta con la debolezza di una politica che punta solo al suo immediato vantaggio in termini mediatici, senza curarsi delle possibili implicazioni anche etiche di quello che sta accadendo nella vita reale. Il meccanismo congegnato da Hood si rivela infine perfetto, riuscendo ad agganciare letteralmente lo spettatore e dandogli modo non solo di riflettere, ma anche di prendere posizione da un punto di vista puramente morale, acuendo il contrasto con un mondo politico che esce ancora una volta a pezzi dall’ora e mezza in cui i fatti si dipanano sullo schermo.