I fatti risalgono al 2010, quando il settimanale “Panorama” pubblicò una lettera di Tiberio Timperi nella quale si trovava a denunciare la sua condizione di “padre negato”. “Non vedo mio figlio dal 16 agosto. Le vacanze sono ormai finite. Tra poco lo riabbraccerò. Muto. Il citofono di quella che una volta era casa mia, rimane muto. Telefono. Squilli a vuoto. Sms. Dopo una mezz’ora che dura una vita, la risposta: «Ti richiameremo». Non mi resta che il 112. Pattuglia dei carabinieri. Saliamo su. È la prima volta da quando, 5 anni fa, mi sono separato.” Le parole che si leggono nell’incipit sono inequivocabili e scatenarono la sdegnata risposta dell’ex moglie di Timperi, Orsola Gazzaniga, che chiese (ottenendola) una replica proprio sulle colonne di “Panorama” per spiegare come la situazione non fosse quella drammaticamente dipinta dal marito. Ora la sentenza che dà ragione alla donna. (agg. Fabio Belli)
IL RISARCIMENTO E’ DA QUANTIFICARE
Tiberio Timperi è stato condannato per aver diffamato l’ex moglie sui mancati incontri col figlio. La battaglia legale tra i due ex coniugi si è conclusa con la sentenza del tribunale monocratico di Roma: al conduttore di “Unomattina in famiglia” è stata inflitta un’ammenda di millecincequento euro, cui si aggiunge – come riportato da LaPresse – il risarcimento da quantificare in separata sede. Respinta dunque la richiesta del legale dell’ex moglie di Timperi, che aveva chiesto il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 80mila euro. Maggiori dettagli su questa vicenda li ha forniti il legale del conduttore, l’avvocato Malavenda: «È stato assolto per alcuni capi d’imputazione, e questo è un primo passo – ha dichiarato al Corriere della Sera -. Aspettiamo le motivazioni e poi faremo appello, confidando che in secondo grado otterremo una sentenza assolutoria». Il caso è scoppiato in seguito alla decisione di Timperi di raccontare il dramma che ha vissuto per vedere il figlio dopo il divorzio da Orsola Gazzaniga: in alcune interviste parlò della sua condizione di “padre negato”, accusando la ex di arrivare a “manipolare” il figlio per mettere lui in cattiva luce. Di lì la denuncia di Gazzaniga che ha portato alla condanna di oggi. Il giudice ha considerato diffamatorie le dichiarazioni del giornalista contro l’ex moglie e contro un sistema dove «la madre quasi sempre affidataria può ostacolare il rapporto padre-figlio».
TIBERI TIMPERI CONDANNATO PER AVER DIFFAMATO L’EX MOGLIE
La lettera confessione di Tiberio Timperi fu pubblicata da un periodico nel settembre del 2010: il conduttore spiegava che era arrivato il momento di uscire allo scoperto per raccontare «un’esperienza comune ad altri padri vittime di soprusi silenziosi». È stato un episodio risalente al termine dell’estate di sette anni fa a spingere Timperi a rendere pubblica la storia della sua battaglia con l’ex consorte Orsola Gazzaniga, accusata di opportuni continui ostacoli. Il conduttore, come ricostruito dal Corriere della Sera, scrisse di essere stato costretto in una occasione a chiamare i carabinieri per vedere il figlio, accusando l’ex moglie di creargli delle difficoltà. E così puntò anche il dito contro la legge. «Noi padri separati chiediamo giustizia. Sono un bravo papà, mi hanno trattato come fossi un criminale. La mia colpa? Quella di essere un affidatario in seconda, in un paese matriarcale dove la legge continua a essere più uguale per le mamme», scrisse Timperi, che è stato assolto per questa affermazione. Rincarò invece la dose sull’ex moglie in un’intervista ritenuta diffamatoria, nella quale sosteneva: «Io non posso vedere liberamente mio figlio, nonostante questo sia esplicitamente previsto nel provvedimento del tribunale. Non riesco a parlarci per telefono. La madre non risponde ai carabinieri né ai miei telegrammi: anche il suo avvocato non risponde ai fax del mio. Questo si chiama sottrazione di minore, minore che può essere manipolato da una madre malevola». I giudici hanno valutato diffamatoria anche un’altra dichiarazione di Tiberio Timperi contro l’ex moglie Gazzaniga, cioè quando disse che gli sarebbero «spettati tredici giorni e dieci notti al mese ma in pratica non era così». In quell’occasione si scagliò contro le istituzioni: «Le madri possono facilmente ostacolare il rapporto con il padre. Basta un certificato medico o non rispondere al telefono».