“Buonasera. Grazie, grazie di esserci. E vi ringrazio anche per l’affetto che avete dimostrato”. Umberto Tozzi ricorda il ’77, quando “venni [vidi] e vinsi in Arena il primo Festivalbar“. La serata-evento 40 anni che Ti amo è densissima di ricordi. La canzone che trionfò, in quell’occasione, è Ti amo (ma va?). Ed è proprio con Ti amo che Tozzi inaugura il concerto, subito prima del cult Si può dare di più. Morandi e Ruggeri lo raggiungono sul palco, e per il trio è subito standing ovation: “Che emozione. Bello, bello ragazzi. 30 anni. Ti sembrava così tanto oppure no?”. Quando ci si diverte, il tempo passa in fretta. Ma è Rouge a rispondere: “Personalmente non bado ai volti, ma alle anime. Dunque neanche agli anni”. Poetico (ma non è una novità).
Umberto Tozzi e Raf parlano della mancata vittoria all’Eurofestival. Perché andò male? “Perché eravamo vestiti male. C’era l’Uzbekistan che aveva un outfit discutibile”. Molto più del loro, a quanto pare. “Tra l’altro mi sa che il giubotto era tuo…”. Non è un buon motivo per scaricargli la colpa: le cose, nei duetti, si fanno “in due” per definizione. Quell’anno vinse l’Irlanda, e Raf ancora glielo rinfaccia: “Per il colore dei tuoi capelli ci scambiarono per irlandesi. Tutti i voti andarono a loro: ecco perché vinsero”. Dopo le boutade, la musica: “Vi lascio in buone mani”, fa sapere Tozzi. Fai pure con calma: Self Control è una gradita tregua dalle smancerie tozziane. Un po’ di autocontrollo, in effetti, farebbe bene a Umberto: tra Gloria, Stella e Anna, ha avuto più donne che canzoni.
“È il pezzo più invenduto nella storia del pop e del rock”. Il titolo è Donna amante mia, e somiglia un po’ a una vecchia canzone di Morandi. Con una sola eccezione: le vendite. Umberto si autocritica, e il pubblico lo consola con un “nooo” corale. Tra le voci c’è anche quella di Marco Masini, l’amico di sempre. “Più si cresce, più ci si accorge degli errori commessi. Più si cresce, più ci si accorge di non aver dedicato abbastanza tempo a certe persone”. Per Masini, la persona in questione è suo padre. Suo “babbo”, anzi. A lui, Masini dedica una canzone che è anche una lettera. Qualcuno tra il pubblico scoppia in lacrime, e una telecamera indiscreta indugia su di lui. “Grazie di cuore”, chiosa finalmente Marco. Poco dopo, Umberto torna sul palco e canta (ancora) di donne. All’appello manca solo Monica: una canzone alla moglie, mai?