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Home » Sanità, salute e benessere » CLASSIFICA SANITÀ/ In fuga dalla propria regione per curarsi: Calabria, Basilicata e Valle d’Aosta ultime

  • Sanità, salute e benessere

CLASSIFICA SANITÀ/ In fuga dalla propria regione per curarsi: Calabria, Basilicata e Valle d’Aosta ultime

Carlo Zocchetti
Pubblicato 15 Ottobre 2025
Il passaggio della porzione di polmone donato da una sala operatoria all'altra durante una operazione al Papa Giovanni XXIII di Bergamo, 18 gennaio 2023.
ANSA/Ufficio stampa Comunicazione e relazioni esterne ASST Papa Giovanni XXIII

Il passaggio della porzione di polmone donato da una sala operatoria all'altra durante una operazione al Papa Giovanni XXIII di Bergamo, 18 gennaio 2023. ANSA/Ufficio stampa Comunicazione e relazioni esterne ASST Papa Giovanni XXIII

Non diminuisce il numero di persone che si curano in altre regioni: le carenze, soprattutto al Sud, portano i pazienti soprattutto in Emilia e Lombardia

Usando un ossimoro si potrebbe dire che in sanità la mobilità è immobile. E’ da quando si è cominciato a parlare in termini numerici dei viaggi che i cittadini intraprendono per accedere alle prestazioni sanitarie che la mobilità ha presentato una serie di caratteristiche che si sono sostanzialmente ripetute ogni anno: da qui l’idea che la mobilità sanitaria possegga attributi di immutabilità che la rendono un fenomeno costante, ripetitivo, difficile da affrontare, e che al di là del nome (che evocherebbe il movimento, il cambiamento, la dinamicità, l’azione) presenta straordinari aspetti di staticità. È immobile nel tempo e nello spazio.


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Da sempre le regioni da dove ci si muove di più per andare alla ricerca di prestazioni (fuga) sono le stesse, quelle che ricevono di più (attrazione) sono le stesse, le attività che più si ricercano sono le stesse: se prendessimo un articolo di giornale di 10 o 20 anni fa ci troveremmo le stesse cose, numeri antichi a parte, al punto che qualche lettore (non senza ragione) si potrebbe chiedere per quale motivo se ne deve continuamente parlare.


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Personalmente un motivo ce l’ho ed è la convinzione che la mobilità sanitaria si può affrontare con azioni di politica sanitaria, azioni che possono beneficiare delle informazioni e dei numeri che il cronista può aiutare a mettere insieme: e allora anche questa volta il cronista prende carta e penna (in senso concreto e non solo metaforico o virtuale) e prova a buttare sul tavolo un po’ di numeri, non prima però di avere ricordato alcune cognizioni di base.

La mobilità sanitaria trova la sua origine nella possibilità che il cittadino ha di ricevere una prestazione sanitaria su tutto il territorio del nostro paese, a prescindere dal luogo dove risiede o è assistito dal servizio sanitario, e per evitare che ciò produca un ingiusto aumento dei costi per l’erogatore (visto che il finanziamento del SSN avviene in funzione del luogo di residenza e non di quello di erogazione) a valle della erogazione di una prestazione è necessaria una attività di compensazione dove la regione di residenza dell’assistito rimborsa la regione che ha effettuato la prestazione. Tutto questo meccanismo da tempo è ben definito da accordi tra regioni, da regole ed attività tecniche, da sistemi informativi che permettono di conoscere i dettagli di questo fenomeno, anche se la compensazione tra regioni non esaurisce tutte le prestazioni erogate in mobilità in quanto una parte (molto) minoritaria di queste viene regolata attraverso contatti diretti tra ASL.


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Passando ai numeri della compensazione l’anno 2023 (l’ultimo chiuso dal punto di vista economico) ci dice che le tre regioni che hanno il saldo (differenza tra mobilità attiva e passiva) positivo più elevato sono l’Emilia-Romagna (+387 milioni di euro), la Lombardia (+383 mln), ed il Veneto (+115 mln), mentre le tre regioni con il saldo negativo più elevato sono la Campania (-211 mln), la Calabria (-192 mln) e la Sicilia (-140 mln). Positive sono anche Toscana (+27), Piemonte (+23), P.A. Trento (+6) e Molise (+3), mentre tutte le altre sono negative.

Questa classica modalità di rappresentare i saldi di mobilità però non tiene conto della dimensione delle regioni dal punto di vista della popolazione, e non è necessario essere esperti di statistica per capire che ha poco senso considerare il saldo assoluto della Lombardia (quasi 10 milioni di abitanti) con quello della Valle d’Aosta (123 mila ab) o del Molise (291 mila ab).

Se teniamo conto della numerosità della popolazione calcolando, ad esempio, il saldo pro-capite, le tre regioni più attrattive rimangono l’Emilia-Romagna (+87,25 €), la Lombardia (+38,43 €), e il Veneto (+23,80 €), anche se cambiano le distanze tra i loro valori pro-capite, ma diventa del tutto differente la coda della distribuzione, cioè le regioni con i saldi peggiori perché in fondo troviamo la Calabria (-103,90 €), la Basilicata (-97,01 €), e la Valle d’Aosta (-75,04 €).

Le due voci che pesano maggiormente sulla mobilità sono i ricoveri (75% della spesa totale in mobilità 2023) e le prestazioni ambulatoriali (15% della spesa) (le altre voci sono la medicina generale, la farmaceutica, le cure termali, i trasporti con ambulanza ed elisoccorso), ma la percentuale di ricoveri in mobilità è risultata nel 2023 del 8,69% mentre per le prestazioni ambulatoriali si è raggiunto solo il 2,42% delle prestazioni totali erogate.

I ricoveri più richiesti in mobilità appartengono alla categoria delle “malattie e disturbi dell’apparato muscolo scheletrico e connettivo”, che raggiungono circa il 33% dei ricoveri in mobilità, mentre per quanto riguarda le prestazioni ambulatoriali le analisi di laboratorio sono le prestazioni più richieste se guardiamo ai volumi delle prestazioni mentre se guardiamo ai costi la spesa maggiore ricade sulle prestazioni di diagnostica.

L’arrivo a Pisa di Marah Abu Zuhri, la 20enne palestinese denutrita (Foto: ANSA/ENRICO MATTIA DEL PUNTA)

Per quanto riguarda le prestazioni ambulatoriali cambia un po’ la struttura dei saldi regionali: mentre i valori più negativi sono ancora ad appannaggio di Calabria (-42,9 mln), Campania (-42,6 mln), e Sicilia (-37,6 mln), tra i positivi si distingue la Lombardia (+105 mln) seguita dal Veneto (+52,6 mln) e dalla Toscana (+25,8 mln) [salgono anche Lazio (+14) e Molise (+25) ma scompare praticamente l’Emilia-Romagna (+6 mln)].

Una quota della mobilità (4%) è una mobilità cosiddetta apparente, in quanto il cittadino riceve la prestazione nella regione dove è domiciliato (e quindi non sarebbe una mobilità) ma poiché risiede in altra regione ecco che quella prestazione diventa parte della compensazione di mobilità. Inoltre, la parte maggiore della mobilità (56% della spesa) è una mobilità cosiddetta “di confine”, cioè di prestazioni ricevute in una delle regioni che confinano con quella in cui si risiede.

Ci sono molte altre informazioni quantitative a disposizione ma ne parleremo in altra occasione, perché è necessario spendere qualche parola sui motivi per cui ci si muove. Il primo pensiero va inevitabilmente alla debolezza della offerta: la insufficiente disponibilità della prestazione, la qualità percepita del servizio erogato, i lunghi tempi di attesa, e così via, ma anche l’apertura di servizi di accoglienza del privato accreditato che poi rimandano alla casa madre per le attività da erogare. Importante è poi il ruolo dei medici, in virtù del rapporto fiduciario con i pazienti, nell’indirizzare i propri assistiti. Una parte di orientamento va attribuita alla rete di conoscenze del paziente soprattutto in virtù dei tanti parenti ed amici emigrati in altre regioni e che possono fornire la base di appoggio logistico. Ancora, soprattutto negli ultimi anni, gioca un ruolo di rilievo l’empowerment del cittadino autoistruitosi con i mezzi della comunicazione digitale (internet, chat, …). E la lista si può facilmente allungare.

Si tratta di una lista anch’essa immobile come i saldi, una lista che tutti conoscono e che viene ripresentata tutti gli anni nel momento in cui sono pubblicati i dati e ci si pongono quindi le stesse, ripetitive e sempre uguali, domande: contrariamente alle mutevolezze del divenire veicolate dall’aforisma “panta rei” per il quale “tutto scorre e nulla sta fermo” quando si parla di mobilità sanitaria bisognerebbe invocare un aforisma opposto e cioè “nulla scorre e tutto sta fermo”. Non so come si dovrebbe dire in greco, ma questa immobilità in italiano è semplicemente vergognosa.

 

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