Migranti, Corte Ue contro Italia nonostante Commissione europea, Francia e Germania hanno sostenuto la linea del governo Meloni con delle memorie
MIGRANTI, CORTE UE HA IGNORATO I PARERI DI COMMISSIONE UE, FRANCIA E GERMANIA
La Commissione europea, insieme a Francia e Germania, ha sostenuto l’Italia nella battaglia legale contro la Corte di giustizia dell’Ue sui “paesi sicuri”. La tesi di fondo alla base della scelta italiana è stata, infatti, condivisa: la valutazione della sicurezza di un paese terzo non può trasformarsi in una decisione giurisdizionale automatica.
A svelare il retroscena è Il Foglio, che in esclusiva ha visionato le memorie con cui è stato appoggiato il governo italiano, anche perché alla luce di ciò, la sentenza con cui è stato affondato l’impianto italiano dimostra che nel mirino non c’è solo il decreto legge dell’anno scorso, ma anche la linea politica europea.
Le memorie sono state depositate nei mesi scorsi per ribadire il principio in base al quale ogni Stato ha un margine discrezionale quando stabilisce quali paesi terzi sono sicuri, senza dover chiarire quali sono le fonti usate, e mettendo in conto anche eventuali eccezioni.
Da Parigi, Berlino e Bruxelles non è arrivata una difesa alle modalità italiane, ma alla tesi di fondo, in base alla quale è prerogativa politica la valutazione della sicurezza di un paese, pur dovendo tener conto di elementi oggettivi, ma comunque nella discrezionalità dello Stato. Il rischio, dopo questa sentenza, è che ci sia un’ingerenza giudiziaria nelle politiche migratorie degli Stati membri.
LE POSIZIONI DI BRUXELLES, PARIGI E BERLINO
La Commissione Ue nella sua memoria ha messo nero su bianco che la direttiva non preclude la possibilità di designare i paesi sicuri in un atto legislativo, come ha fatto il governo Meloni. Anzi, si fa riferimento alla normativa in un articolo, non a un atto amministrativo. Inoltre, per Bruxelles il fatto che richiedenti asilo e giudici debbano avere accesso alle fonti usate per stabilire i paesi sicuri non implica che debbano essere indicate nell’atto stesso. Ma la Corte di giustizia europea ha ignorato questa distinzione.
Altrettanto importante, evidenzia Il Foglio, è quanto rimarcato dalla Francia, secondo cui alcune categorie di persone ben indicate possono essere considerate eccezioni. Ad esempio, si può indicare un paese come sicuro, anche se vi sono soggetti vulnerabili per cui questo giudizio non vale. Una flessibilità che emerge anche dal regolamento europeo che entrerà in vigore l’anno prossimo, eppure la Corte la nega, pretendendo che non vi siano eccezioni.
La Germania si spinge oltre, affidando al giudice nazionale il compito di valutare nella fattispecie se il paese è sicuro per la persona in questione. A differenza della narrazione prevalente in tema di immigrazione, Francia, Germania e Italia sono allineate, peraltro sostenute dalla Commissione europea. Del resto, la sentenza non si riflette solo sull’Italia, ma anche sugli altri Stati membri.
PER CASSESE È UNA SENTENZA “SUICIDA E INUTILE”
Ad evidenziare ulteriormente le contraddizioni che emergono tra la normativa europea e la decisione della Corte di giustizia dell’Ue anche il giurista Sabino Cassese. Infatti, per il giudice emerito della Corte costituzionale ora un paese di origine può essere definito sicuro se lo è per tutte le categorie di persone, però il Regolamento che entrerà in vigore l’anno prossimo fissa il principio opposto.
Come spiegato dal professor Cassese a Il Foglio, un tribunale potrà stabilire come sicuro un paese, che però potrebbe non esserlo per un altro giudice. Cassese la definisce una “sentenza suicida”e “inutile”, perché dovrà pronunciarsi la Cassazione e appunto in virtù della normativa europea che entrerà in vigore nel 2026.