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Home » Lavoro » CONSIGLI NON RICHIESTI/ Le sette S per scrivere meglio e farsi capire

  • Lavoro

CONSIGLI NON RICHIESTI/ Le sette S per scrivere meglio e farsi capire

Luca Brambilla
Pubblicato 28 Aprile 2019
(Pixabay)

(Pixabay)

Spesso il primo incontro professionale avviene in forma scritta e sul lavoro gli scambi con tali modalità restano importanti

Scrivere in maniera chiara ed efficace è possibile, anche se è un’arte che spesso viene sottovalutata. Tempo fa avevo trattato l’argomento tracciando alcuni suggerimenti operativi su come strutturare le e-mail. Oggi vorrei rilanciare e ampliare la riflessione sull’importanza di scrivere in maniera efficace ricordando che spesso il primo incontro professionale avviene attraverso la forma scritta e che soprattutto in ogni rapporto professionale, a qualunque livello, molte comunicazioni saranno in forma scritta e che ciò che scriveremo (e come lo faremo) ci rappresenterà in toto.


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Se la tematica si intuisce fondamentale, è anche vero che quasi nessuno insegna come scrivere in maniera efficace e per questo occorre andare alla ricerca di maestri della scrittura. Un buon manuale con taglio pratico su questo tema è rappresentato dal libro Scrivere diritto di Chiara e Alessandro Lucchini ed edito da Centopagine. I due autori intessono abilmente una riflessione riguardante la ragionevolezza insita nello sforzo di voler semplificare il più possibile i testi giuridici al fine di ri-avvicinare gli esperti settoriali con i destinatari degli atti da loro scritti. La missione di semplificare è però un compito che va preso sul serio non solo dagli avvocati, ma da tutti coloro che quotidianamente si occupano di comunicare attraverso la forma scritta. Ovvero (quasi) tutti.


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Per raggiungere questo obiettivo, gli autori indicano un percorso preciso, scandito e modulato da alcune colonne definite “le sette S dello Scrivere Diritto”. La prima citata è la Semplicità, la quale viene indicata come l’abilità più importante per “ridurre i disturbi della comprensione e sciogliere il linguaggio troppo specialistico”. La seconda S citata è la Sintesi: questa non deve essere intesa come la capacità di operare tagli al testo per banalizzarlo, ma di saper comunicare maggiormente pur scrivendo di meno. Segue poi la Struttura, ovvero la competenza nel costruire un discorso, posizionando correttamente e intelligentemente i vari elementi del testo.


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Le prime tre S sono facilmente classificabili, quindi, come hard skills, al contrario delle successive tre, considerate invece propriamente soft skills. Troviamo, infatti, la Seduzione, intesa come la bravura a “condurre a sé, meritarsi l’attenzione del lettore”, la Simpatia, l’abilità, di carattere psicologico, di entrare in empatia con il lettore attraverso il proprio testo e infine la Stravaganza, ovvero “il saper muoversi anche al di fuori dei sentieri tradizionali… magari sfiorando i toni dell’umorismo e creando nuovi collegamenti di pensiero e quindi di significato”.

La settima, e ultima, S fa invece da ponte tra le hard e le soft skills: è lo Stile, o meglio l’abilità a saper scegliere il più adatto “ad ogni pubblico e ad ogni occasione, per ridurre la distanza tra lingua scritta e lingua parlata”.

Il libro citato, oltre a essere un ottimo manuale operativo per la scrittura, indaga le ragioni del proliferare di testi eccessivamente ridondanti, confusi e tecnicistici, anche quando tali attributi non sono necessari. Particolarmente illuminante sull’argomento è la riproposizione di un’intervista fatta a Gianrico Carofiglio e pubblicata su Il Sole 24 Ore nel maggio del 2018. Il noto magistrato e scrittore individua tre ragioni a giustificazione dell’eccessiva enigmaticità relativa agli atti giuridici, un campo in cui la complicazione inutile è maggiormente visibile. Lo scrittore individua la prima ragione nel legame con un codice identitario prodotto dal “parlare e scrivere una lingua che è solo apparentemente italiano”. La seconda ragione viene identificata nel narcisismo: infatti, Carofiglio sostiene che, dietro a parole pompose e vetuste, ci sia in fondo il desiderio di soddisfare il proprio ego, più che la volontà di farsi comprendere e di svolgere un ottimo servizio per i clienti. Infine, la terza ragione è connessa alle prime due: il potere. I giuristi utilizzando una lingua che di fatto esclude tutti gli altri e cercano quindi di ritagliarsi una posizione di vantaggio basata sull’ignoranza dei propri interlocutori.

Il pregio di questo libretto è che ci permette di riflettere sul fatto che la comunicazione, anche scritta, debba essere sempre chiara, sia per risultare efficace, ma anche, e soprattutto, per ragioni etiche. Infatti, la scrittura è una forma di comunicazione che deve essere intesa come un ponte e non come una torre in cui arroccarsi escludendo tutti gli altri. Da chi prendere esempio? Dal “documento” più importante che sia stato scritto in Italia: la Costituzione. Giustamente Benigni l’ha ribattezzata  “la più bella del mondo”, perché anche se tratta temi alti, politici, giuridici e ideali è stata scritta volutamente con termini il più possibile semplici e “popolari”, dal momento che i padri costituenti avevano ben in mente i reali destinatari di quel testo: noi cittadini.


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