Il coronavirus sembra essere, nonostante tutto, ancora nella sua “fase 1” portando morte e malattia nei diversi Paesi del mondo. Con tempi, e modalità, diversi anche papa Francesco è, con una sua lettera ai movimenti popolari, voluto inserirsi nel dibattito pubblico condividendo riflessioni e proposte. Bergoglio invita, prima di tutto, a iniziare, già ora, a pensare al “dopo”, perché anche questa tempesta finirà, ma le sue gravi conseguenze, nel campo dell’economia e del lavoro, si stanno già facendo sentire.
Il Pontefice sprona tutti i soggetti coinvolti a lavorare a un progetto di sviluppo umano integrale che si fondi sul protagonismo dei popoli in tutta la loro diversità, e sull’accesso universale a tre T per cui lottate: “tierra, techo y trabajo” (terra, compresi i suoi frutti, cioè il cibo, casa e lavoro). La speranza è che questo momento di pericolo che stiamo vivendo scuota le coscienze, secondo il Santo Padre, addormentate e produca l’auspicata conversione umana ed ecologica.
Secondo papa Francesco, che sul tema peraltro è tornato più volte, la nostra civiltà, ritenuta eccessivamente competitiva e individualista, ha bisogno di un cambiamento profondo, di un ripensamento e di una rigenerazione e questo periodo di involontaria “pausa” può rappresentare un prezioso momento di riflessione. Una quarantena che mette in evidenza molte, se non tutte, le criticità e le disuguaglianze che attraversano la nostra società.
Quanto è più difficile, infatti, rimanere a casa per chi vive in una piccola abitazione precaria o per chi addirittura un tetto non ce l’ha? Quanto è difficile questo momento per i migranti, per le persone private della libertà o per coloro che si stanno liberando di una dipendenza?
Secondo il Papa venuto “dalla fine del mondo”, insomma, ancora troppe persone vivono giorno per giorno senza alcuna garanzia legale che li protegga: i precari, gli autonomi, chi lavora nel “settore informale” o senza avere uno stipendio stabile. Per questi la quarantena, probabilmente, risulta particolarmente insopportabile. Forse, secondo Bergoglio, è giunto il momento di pensare seriamente a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia una sicurezza, seppur minima, a tutti i lavoratori anche quelli impiegati nelle mansioni più umili.
La fase 2 per papa Francesco può partire, in definitiva, anche da un salario che sia in grado di garantire e realizzare lo slogan, umano e cristiano, per cui nessun lavoratore deve essere senza diritti. Una prospettiva, questa, che, probabilmente, è condivisa, con toni e sensibilità diverse, da molte forze politiche coscienti anche dei tempi che stiamo vivendo.
Cosa diversa è, ovviamente, mettere il principio in pratica con tutte le difficoltà del governare a partire dalla sostenibilità economica, e sociale, dei bilanci pubblici. In Italia si è immaginato, in questo quadro, ad esempio di prevedere un reddito di ultima istanza come un aiuto, probabilmente insufficiente, anche per i lavoratori autonomi e i professionisti tradizionalmente esclusi dagli ammortizzatori sociali. Molto, alla fine, sembra essere ancora da fare nel nostro Paese, ma questi giorni di isolamento forzato possono rappresentare un prezioso momento di riflessione per provare anche a dare risposte, a partire dal Governo Conte e dal super-team guidato da Colao, alle proposte/provocazioni di Bergoglio.