Oggi potrebbe essere una data spartiacque per il destino della Francia. Bayrou chiederà il voto di fiducia all'Assemblea. Poi la decisione toccherà a Macron
La crisi politica in Francia è ormai giunta al suo culmine. Non mancano le ragioni per chiedersi se, più che ad un’impasse dei singoli partiti, si sia di fatto dinanzi alla crisi della Quinta Repubblica in quanto tale. Tutto sembra lasciar presagire un simile esito, salvo l’impraticabilità delle alternative possibili.
In questo senso la scelta fatta da François Bayrou di chiedere il voto di fiducia all’Assemblea per oggi, 8 settembre, al pari di quella di sciogliere l’Assemblea stessa compiuta da Emmanuel Macron nel giugno 2024, vogliono presentarsi come altrettante opportunità di chiarimento che, pur non essendosi fino ad oggi concretizzate, non contemplano affatto un mutamento nel modello politico.
Tuttavia i problemi hanno raggiunto la soglia di guardia. Se la scelta di fare fronte comune contro il temuto Rassemblement National ha consentito la vittoria elettorale dello schieramento governativo alle legislative del 7 luglio 2024, i problemi fondamentali costituiti dall’indebitamento crescente, dallo stato critico delle finanze sul piano economico e dalle tensioni crescenti su quello sociale, sembrano essere rimasti irrisolti.
Non è facile uscire fuori dalla crescita dei costi, oramai diventati insostenibili, dell’attuale sistema di protezione sociale. Tanto più che i livelli del già draconiano prelievo fiscale e quelli della tassazione indiretta attraverso i consumi, non sono più ulteriormente modificabili senza scatenare una rivolta sociale, come lo ha già dimostrato la lunga agitazione dei gilets jaunes che, iniziata nel novembre 2018, si è prolungata per mesi.
Così come non è facile uscire da un sistema di organizzazione del lavoro che, elaborato negli ormai lontani anni 80 sotto la presidenza Mitterrand, aveva collocato l’età pensionabile a 60 anni, mentre lungo il governo di Lionel Jospin aveva ridotto l’orario di lavoro a 35 ore settimanali.
I tentativi di perseguire un compromesso tra le diverse forze politiche si sono rivelati insufficienti e inefficaci al tempo stesso. Si profila così l’emergere di un vicolo cieco nel quale prevale attualmente un’attitudine oltranzista e dove la ricerca del compromesso è vista come il peggiore dei mali.
Alla luce di una tale prospettiva, il movimento del “blocchiamo tutto” che proclama uno sciopero generale per il 10 settembre, riscuotendo il consenso della sinistra socialista e guadagnandosi gli entusiasmi di Mélenchon, rischia di aggravare ulteriormente la situazione. In questo senso, l’ondata delle prossime manifestazioni che ciò che resta della sinistra sceglie di presenziare per recuperare un’identità definitivamente disciolta, non è destinata che a fare danni.
Tutto lascia presagire una fine anticipata del secondo mandato all’attuale presidente della Repubblica. Questo è visto da molti osservatori come l’unico atto che potrebbe bloccare l’ondata montante delle proteste.
Tuttavia un eventuale anticipo delle elezioni presidenziali dopo le inevitabili barricate che si ergeranno immancabili a Parigi come nei principali capoluoghi, non vede ancora una personalità politica capace di ritessere pazientemente le fila di una coalizione che è tutta da costruire. Quest’ultima, almeno fino ad oggi, non si è manifestata che sull’onda di un’opposizione alla detestata destra che, ovviamente e proprio per questo, cresce incessantemente da anni.
Per di più, l’assenza di iniziative efficaci sta diffondendo la percezione di una classe politica inutile, poiché incapace di risolvere i problemi della sicurezza e dell’immigrazione, proprio come non ha fatto che incrementare il debito pubblico, cresciuto a dismisura durante le presidenze socialiste, da Mitterrand a Hollande.
Il problema è costituito dall’assenza di un progetto politico che, prendendo atto dell’impossibilità di poter proseguire un sistema di protezione sociale a garanzie crescenti ed in grado di poter assorbire le marginalità provenienti dalle consistenti ondate immigratorie, possa comunque assicurare i principi essenziali di solidarietà sociale.
Di fatto si renderà necessario un appello autorevole alla nazione in grado di restituirle dignità e sicurezza. Ma un tale appello sarà inscindibile da un’alleanza completamente diversa da quella attuale. Dove più che escludere qualcuno, si tratterà di affermare una serie di princìpi condivisi e di sicurezze garantite sulle quali la futura coalizione dovrà impegnarsi. Solo a questa condizione quella trama di consenso estesa e permanente che è la chiave della democrazia potrà ragionevolmente ricostruirsi.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.