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Home » Cronaca » J’ACCUSE/ Binetti: per attaccare la famiglia ora si usa anche l’incesto

  • Cronaca

J’ACCUSE/ Binetti: per attaccare la famiglia ora si usa anche l’incesto

Int. Paola Binetti
Pubblicato 28 Novembre 2012
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Immagine di archivio

PAOLA BINETTI (Udc) spiega perché la legge appena votata che consente il riconoscimento dei bambini nati da incesto è volta, in sostanza, a scardinare l’istituto familiare

La manipolazione della realtà ha sempre origine in quella lessicale. Così, al grido di “tutti i figli sono uguali”, il Parlamento ha sottratto ai bambini nati da incesti le tutele che la collettività ha sempre riconosciuto loro come sacrosanti e inviolabili. Diritti sanciti dalla legge, dalla morale, e dal sentire comune. Un provvedimento volto, inizialmente, a difendere e potenziare il corpus giuridico a sostegno della famiglia è stato trasformato nel suo opposto. Da ieri, i figli nati da incesto possono essere riconosciuti dai genitori incestuosi. Paola Binetti, deputata dell’Udc, ci illustra la drammatica portata di una scelta dl genere.


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Inizialmente, avevate votato un testo ben diverso.

Questa legge era stata approvata alla Camera nel giugno del 2011, all’unanimità. Finalmente e da allora, anche i bambini nati al di fuori del matrimonio, che sono in numero sempre più rilevante, dato l’aumento di convivenze o coppie di fatto, possono godere degli stessi diritti di tutti gli altri. Sia sul fronte della relazione di parentalità che su quello dell’appartenenza a un nucleo familiare. Mi riferisco, ad esempio, all’essere inserito in una linea di successione ereditaria ben precisa. Ma anche alla possibilità, laddove i suoi genitori naturali dovessero mancare, di essere affidato al parente più vicino e in grado di prendersene cura.


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Poi cos’è successo?

Al Senato, è stato inserito un emendamento che concentra l’attenzione sui figli nati da incesto, trasformando il riconoscimento in un diritto/dovere.

Cosa contesta della norma?

Ricordiamo, anzitutto, che parliamo, nella stragrande maggioranza dei casi, di donne che si trovano nella drammatica e ambigua situazione di essere sia madri che sorelle; e di uomini che sono padri e nonni (ma la norma riguarda qualunque tipo di incesto, anche quello tra fratelli e sorelle): circostanze profondamente condizionate dal contesto di degrado morale, sociale ed economico. E il cui riconoscimento equivale alla sanzione di una situazione ove i normali assi familiari, e la corretta rete di relazioni parentali in cui il bambino deve trovarsi, vengono sconvolti.


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Crede che la legge legittimerebbe situazioni di questo genere?

I colleghi che l’hanno votata non lo ammettono, ma con questa legge si riconosce una sorta di normalizzazione dell’incesto, riducendone il doveroso e tipico stato di allerta che la collettività ha sempre avvertito di fronte ad esso. Non è un caso che, da sempre, in qualunque cultura, l’incesto è considerato una barriera insormontabile, posta a tutela dell’istituto della famiglia. Non dimentichiamo, inoltre, che nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di violenza dei padri sulle figlie. E che i bambini che nascono da queste relazioni, sono già di per se stessi esposti a gravissimi problemi di natura psicologica e comportamentale. Legalizzare il riconoscimento da parte di chi li ha generati, metterà ulteriormente a repentaglio le condizioni per il loro sviluppo e la loro crescita; oltre a determinare un gravissimo vulnus nel nostro ordinamento.


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Cosa intende? 

L’incesto, in Italia, è pur sempre un reato; concedere a chi se n’è macchiato – più specificatamente al padre che ha fatto violenza sulla figlia – di godere dei diritti legali per riconoscere il figlio rappresenta una drammatica contraddizione legale.

Ma un bambino nato da incesto, avrà pur diritto ad avere dei genitori: chi può riconoscerlo? E qual è il suo status?

Gli episodi concreti sono complessi e variegati; tuttavia, in generale, il bambino frutto di una violenza del padre nei confronti della figlia, può essere riconosciuto dalla madre. E, a quel punto, bambino e madre possono essere aiutati, dalle apposite istituzioni, ad allontanarsi dal proprio contesto familiare d’origine, e a riprendere le fila della propria esistenza; il bambino può altresì essere allontanato sia dal padre che dalla madre, e venire destinato a strutture apposite, in attesa, magari, di un affido o di un’adozione; o, ancora, il bambino può essere allontanato sia dal padre che dalla madre e dato in affido ad una parente ritenuto in grado di prendersene cura. Diciamo che la legge assicurava la capacità di identificare, per ogni caso, la migliore soluzione possibile.


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Cos’ha spinto il Parlamento a votare la nuova norma?

La legge è stata votata sulla scorta di un falso ricatto morale, oltretutto privo di qualsivoglia ragione reale. Come ho spiegato, non c’è alcun motivo per ritenere l’impossibilità di riconoscere i figli nati da incesto una discriminazione. Si è votato, in fondo, per pura ideologia. Un’ideologia che sottende un’insieme di atteggiamenti e proposte normative volte a demolire, ogni giorno di più, la famiglia. 

 

(Paolo Nessi)

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