La fotografia di un paese che cambia. In peggio. Il Rapporto Eurispes 2013 parla chiaro: al di là dei pur significativi e in alcuni casi drammatici dati economici, che mostrano l’acutizzarsi della crisi per individui, famiglie e imprese, sono gli orientamenti morali degli italiani a far registrare una crisi ben più grave, quella della completa – o quasi – perdita di senso dei valori spirituali, primo fra tutti la dignità trascendente della vita umana, ridotta a mero corpo biologico, oggetto di trasformazione, merce di scambio. «La concezione di tipo naturalistico non è altro che il prodotto della secolarizzazione», spiega a ilsussidiario.net il filosofo Massimo Borghesi.
Come interpreta i dati dell’Eurispes?
Confermano il fatto di una società profondamente secolarizzata, in cui da un lato i legami sociali e la capacità di dedizione si riducono e, dall’altro, assistiamo ad una inflazione di sentimento e di emozioni che vivono della loro precarietà. Un mondo timoroso di esistenze bloccate, nella loro energia vitale, da infermità o dalla prospettiva della morte. Una società che si affida alla tecnica e alle pratiche biomediche per rimuovere gli ostacoli di una esistenza naturalistamente concepita come “corpo”, corporeità vissuta, eros, sanità biologica e psichica. Tale concezione è giustificata in chiave liberale, quasi costituisse una promozione dei valori democratici.
E, invece, che cos’è?
In generale, siamo di fronte ad un processo “darwiniano”, di selezione che parte dagli individui e non più dagli Stati anche se questi, come dimostra il caso dell’Inghilterra, hanno tutto l’interesse a risparmiare, come nel caso dei malati terminali che sono chiamati a “scegliere” di poter morire. Questo processo di selezione, per cui un anziano malato non ha diritto di essere e un bambino down non ha più diritto di nascere, viene chiamato “progresso”. In realtà si tratta di una selezione che, non potendo venir imposta dall’alto viene promossa dal basso secondo l’idea, falsamente liberale, per la quale il potere deve assecondare i desideri dell’individuo. L’eugenetica liberale, nel suo mirare ad un mondo di perfetti, entra però in contrasto – come Jurgen Habermas ha mostrato molto bene nel suo “Il futuro della natura umana” – con i fondamenti egualitari dello Stato democratico. L’eugenetica “migliorativa”, non quella curativa, è selettiva, aristocratica. È una posizione di destra che si ammanta, falsamente, di progressismo.
Quale può essere il ruolo della Chiesa in una società di questo tipo?
La concezione di tipo naturalistico non è altro che il prodotto della secolarizzazione. Questa dà luogo ad una “mutazione antropologica” che Pasolini aveva, alla metà degli anni 70, diagnosticato lucidamente. La società non è più cristiana. Non lo è più nel modo di sentire. Il che impone un ripensamento della presenza della Chiesa la quale non può non riprendere, come dinamica, il modello dei primi secoli.
Quale modello rimane?
Quello di una testimonianza cristiana che si ripropone nella sua semplicità essenziale. I giovani di oggi, per intenderci, non hanno la più pallida idea di cosa sia il cristianesimo. Siamo, sostanzialmente, in una terra pagana che ha un vago ricordo della sua storia cristiana documentata da chiese ed opere d’arte, residui gloriosi di un mondo passato. Nel presente rimane solo un’ostilità senza motivo. Colpisce, per esempio, l’ostilità verso il Papa,verso questo Papa che è un uomo buono e mite, verso la Chiesa accusata delle peggiori nefandezze da persone che non hanno la minima conoscenza dei processi storici. Il cristianesimo, in un mondo siffatto, non ha coperture di sorta. Può solo riproporsi nella semplicità di testimonianze, di piccole comunità capaci di veicolare la bellezza e la verità della tradizione cristiana. Ciò non significa, ovviamente, che la Chiesa sia morta.
E sul piano pubblico cosa deve fare una presenza cristiana?
Deve sviluppare una riflessione culturale all’altezza della situazione e, al contempo, valorizzare quelle espressioni del mondo laico che avvertono lo stesso quadro drammatico. Un dialogo che, senza scartare nessuna voce, sia mirato particolarmente alla sinistra, la quale, fuori dal progressismo ideologico, presenta voci dissonanti di grande interesse. Penso al manifesto sulla “Emergenza antropologica”, pubblicato su Avvenire, firmato da Giuseppe Vacca, Pietro Barcellona, Paolo Sorbi e Mario Tronti. Penso alla “teologia politica”, richiesta da Tronti e da Pasquale Serra, come argine e possibilità di ripresa ideale di fronte ad una secolarizzazione che spinge la società sempre più a destra. La Chiesa ha qui qualche opportunità di far valere le sue ragioni, che non sono meramente ragioni “particolari”, solo se saprà intercettare e porsi in dialogo con queste voci. Diversamente il trend dominante porterà ad etichettare la sua posizione semplicemente come “reazionaria”, mettendola così fuori gioco.
Qual è, quindi, il compito dei cattolici presenti nei vari schieramenti?
La tutela e la valorizzazione della persona nella integralità delle sue dimensioni. E questo secondo una dimensione ideale che permetta di far comprendere dove sta la destra, incurante dei più deboli, e dove il vero progresso.