Il dibattito nella cultura europea ed italiana, in un periodo in cui l’Europa è completamente sotto attacco sotto il profilo religioso, culturale e politica – per non dire economico e sociale, ma questa è un’altra storia (per ora) – c’è e non è scomparso. Solo nelle ultime settimane due interventi molto ricchi e densi di proposte e letture sono apparsi sul Corriere della Sera e sul blog Tocqueville-Acton a firma di tre illustri docenti e professori: Ernesto Galli della Loggia, Dario Antiseri e Flavio Felice, un dialogo non preparato che mette sul piatto il dramma e la crisi di un’Europa sconsacrata. «Proprio la radicalità che spesso nell’ambito della Chiesa accompagna il discorso dei “diritti umani” contribuisce […] non solo a rendere quanto mai “politicamente sensibile” il messaggio religioso […], ma ancora di più: a collocarlo di fatto nel quadrante più estremo dello spettro politico abitualmente presente nei Paesi democratici. […] Il che in ogni caso è la conferma […] di una consustanziale, inevitabile, crucialità politica del Cristianesimo, che lo rende, per chi sappia vedere, il cuore tuttora pulsante e problematico della nostra civiltà»: queste parole scritte dal professor dalla Loggia sul Corriere sono esattamente il punto di partenza da cui Antiseri e Felice provano a rispondere, aggiungendo la loro esperienza tanto culturale quanto accademica sui contorni di quello che ha fondato e costruito questo continente pluri-millenario.
COSA SAREBBE L’OCCIDENTE SENZA IL CRISTIANESIMO?
Partendo proprio da questa domanda provocatoria, i due professori illustrano la “novità” rivoluzionaria del cristianesimo, citando subito Ropke: «Soltanto il Cristianesimo ha compiuto l’atto rivoluzionario di sciogliere gli uomini, come figli di Dio, dalla costrizione dello Stato» e, per parlare con Guglielmo Ferrero, di demolire l’esprit pharaonique dello Stato antico». Una rivoluzione nel centro del cuore, dell’anima, della razionalità che coinvolse uomini e donne per decine di secoli e che, citando Benedetto Croce, «conferì risalto all’intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fin allora era mancata all’umanità». È interessante il percorso costruito dai due professori e accademici, perché va a toccare vette altissime della cultura europea, dimostrando come il rapporto con la novità cristiana e l’insegnamento dei Padri della Chiesa invece che chiudere in una “mono-cultura” chiusa su se stessa, ha permesso il fiorire della civiltà. «Gran parte dei nostri scopi e fini occidentali, come l’umanitarismo, la libertà, l’uguaglianza, li dobbiamo all’influenza del Cristianesimo […]. I primi cristiani ritenevano che è la coscienza che deve giudicare il potere e non viceversa», sostiene Karl Popper, citato a proposito per provare a comprendere come proprio quella coscienza umana valorizzata dal messaggio di Cristo è divenuta assieme alla libertà la vera base della civiltà europea. Considerazioni e credenze solo per cristiani “illuminati” e acculturati? Non proprio, basti vedere come la pensano un ministro del governo inglese, Renan e Salvemini, tutti e tre atei e tutti e tre citati a ragione dal post di Felice-Antiseri. «Gesù Cristo il maestro che «ci ha lasciato il più perfetto codice morale che l’umanità abbia mai conosciuto», scriveva Salvemini, in accordo con Renan che riteneva la storia dell’umanità e dell’Europa come incomprensibile senza la venuta e gli insegnamenti di Cristo. E il ministro britannico Macmillan, rispondendo a Kruscev che lo provocava sui “fondamenti” dell’occidente, non potè che dire, «L’Occidente crede al Cristianesimo».
IL LAICISMO PORTA AL FONDAMENTALISMO?
Già, ma oggi è ancora così? Verrebbe da dire di no, anzi, è proprio il contrasto a quanto illustri intellettuali, scrittori e politici prima di noi andavano sostenendo, che sta portando la rapida “sconsacrazione” e impoverimento dell’Europa che ci circonda. Quel messaggio e insegnamento lasciatoci viene osteggiato, contrastato e considerato ormai indesiderato all’interno dei nostri stessi confini. «È quanto accadde, in modo eclatante, allorché – soprattutto per insistenza del Presidente della Convenzione europea Valéry Giscard d’Estaing – si decise che dal Preambolo della Costituzione europea venisse cancellato il richiamo alle radici cristiane dell’Europa», scrivono i due professori “in risposta” alla giusta provocazione di Galli della Loggia. Si ritiene che i simboli e i gesti cristiani possano offendere e oltraggiare, non rispettare, i popoli che abitano l’Europa ma con fede diversa. «Ma per quali ragioni fedeli di altro credo, fuggiti dai loro Paesi dilaniati dagli orrori del fondamentalismo, dovrebbero sentirsi offesi da “simboli” e “tradizioni” di una fede – quella cristiana – costitutiva di una civiltà disposta ad accoglierli e a strapparli dalla morte e dalla fame? Tutti costoro dovrebbero piuttosto guardare con rispetto a “simboli” e “tradizioni” di una civiltà che affonda le proprie radici nel messaggio di colui che è morto in croce», spiegano Antiseri e Felice. Una battaglia culturale contro il laicismo: sembrava morta e sepolta, e invece esiste ancora e più viva che mai. Una società sconsacrata e a rischio di fondamentalismo: la connessione non è forzata ma è posta come interessante denuncia da chi cerca, come Galli della Loggia e i due professori umanisti, di combattere il laicismo con le armi della cultura e dell’esperienza. «Se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura; e allora si dovranno attraversare molti secoli di barbarie», diceva T.S. Eliot, quasi facendo “eco” a Rossini che ammoniva il nostro tempo spiegando che «Chi non è padrone di sé, è facilmente occupabile». Infatti proprio a questo rischio incorriamo in questi tempi se dimentichiamo l’origina di quanto costruito fin qui nei secoli: non tanto come sola pratica culturale ma proprio come viva percezione di cosa ha portato e definito quella “libertà” e “pace” di cui tutti invocano ma ben pochi colgono nel profondo.
L’ORIGINE DELLA LIBERTÀ
«Lo Stato è importante, si deve ubbidire alle leggi, ma non è l’ultimo potere. La distinzione tra lo Stato e la realtà divina crea lo spazio di una libertà in cui una persona può anche opporsi allo Stato. I martiri sono una testimonianza per questa limitazione del potere assoluto dello Stato. Così è nata una storia di libertà. Anche se poi il pensiero liberaldemocratico ha preso le sue strade, l’origine è proprio questa»: queste parole dell’allora cardinale Joseph Ratzinger vengono sottolineate da Felice e Antiseri nella loro “denuncia” contro il rischio di laicista fondamentalismo che attende l’Europa nel suo dimenticare la sua fondazione cristiana. Ma il problema non è solo imputabile al potere politico e alle istituzioni: non mancano riferimenti al presente e all’impegno (o mancato tale) dei cattolici in politica, rifacendosi al recente passato di Partito Popolare e Democrazia Cristiana. «Oggi i cattolici in politica sono presenti ovunque e inefficaci dappertutto e ciò mentre quel sano e grande mondo cattolico, che vive nelle parrocchie, nelle associazione, nel volontariato, nei centri antiusura, in quelli che contrastano la prostituzione e il gioco d’azzardo, nelle scuole libere e nei movimenti ecclesiali, perno della vita civile del Paese, non trova rappresentanza politica». I due professori si chiedono al termine della loro trattazione se per oggi il messaggio cristiano non sia più in grado di illuminare la vita delle persone, «di contribuire alla formazione di istituzioni al servizio della persona umana?»: una provocazione che non può essere elusa e che riporta al centro l’emergenza culturale, politica e religiosa dell’Europa che stiamo vivendo. Siamo davvero così sicuri che dimenticare l’origine, quell’inizio che diede vita a tutto, ci porti al progresso e al bene comune? O forse occorre recuperare tanto dallo Stato quanto dalla Chiesa su tutti i livelli, il senso umano di un’origine ed esperienza di libertà, bene comune e coscienza?