RAGAZZO UCCISO A SPRANGATE/ Quel dialogo tra il Papa e i ragazzi di S. Siro vale più di mille discorsi
Emanuele Morganti, ventenne di Alatri, pestato da un gruppo di coetanei e forse anche dai buttafuori del locale dove si trovava sabato notte, è morto a Roma. RENATO FARINA

Il ragazzo di Alatri viveva in una provincia profonda, in Ciociaria. Non nelle borgate romane, dove si sono disperse le memorie, quelle che ha raccomandato Pier Paolo Pasolini. Il genocidio culturale è arrivato ovunque. Era in un locale con la fidanzata, un venerdì sera. Una banale lite per la ragazza, per gli apprezzamenti sgraziati e volgari di un altro, che apparteneva a un’altra tribù. Fuori dal locale scontro tra due gruppi misto di italiani e albanesi. Quel ragazzo, Emanuele Morganti, era allegro, lo si vede nelle sue foto diffuse sui social. E’ stato sprangato a morte.
I commenti possibili che fanno uscire dal moralismo inutile e dalla disperazione non esistono. Oggi sui quotidiani c’è una corsa ai fervorini quotidiani giocati con l’abilità di scrittura (l’unico che regge è — a mio giudizio — Mattia Feltri, su La Stampa), dove ci rifugiamo per consolarci e gratificarci nei sentimenti decorosi.
L’unica cosa intelligente è prendere sul serio, terribilmente sul serio, ciò che è accaduto nel pomeriggio di sabato allo Stadio di San Siro, tra il Papa e i ragazzi della cresima e i loro genitori. Trascrivo qui la trascrizione precisa del dialogo finale sul bullismo, che è quella mancanza di rispetto per l’altro, la sua riduzione a merce, a sub-uomo che è alla base di quello che è accaduto ad Alatri.
Papa Francesco: — E finisco con questa cosa. C’è un fenomeno brutto in questi tempi, che mi preoccupa, nell’educazione: il bullying. Per favore, state attenti. [grande applauso] E adesso domando a voi, cresimandi. In silenzio, ascoltatemi. In silenzio. Nella vostra scuola, nel vostro quartiere, c’è qualcuno o qualcuna del quale o della quale voi vi fate beffa, che voi prendete in giro perché ha quel difetto, perché è grosso, perché è magro, per questo, per quest’altro? Pensateci. E a voi piace fargli provare vergogna e anche picchiarli per questo? Pensateci. Questo si chiama bullying. Per favore… [accenno di applauso] No, no! Ancora non ho finito. Per favore, per il sacramento della Santa Cresima, fate la promessa al Signore di non fare mai questo e mai permettere che si faccia nel vostro collegio, nella vostra scuola, nel vostro quartiere. Capito?
Ragazzi: — Sì! [applauso grande]
Papa Francesco: — Mi promettete: mai, mai prendere in giro, fare beffa, un compagno di scuola, di quartiere… Promettete questo, oggi?
Ragazzi: — Sì!
Papa Francesco: — Il Papa non è contento della risposta… Promettete questo?
Ragazzi: [fortissimo] — Sì!
Papa Francesco: — Bene. Questo “sì” lo avete detto al Papa. Ora, in silenzio, pensate che cosa brutta è questa, e pensate se siete capaci di prometterlo a Gesù. Promettete a Gesù di non fare mai questo bullying?
Ragazzi: — Sì!
Papa Francesco: — A Gesù…
Ragazzi: [forte] — Sì!!
Papa Francesco: — Grazie. E che il Signore vi benedica! Complimenti a voi [i ragazzi che hanno fatto le coreografie nel campo]: siete stati bravi!
Preghiamo insieme: — Padre Nostro…
[Benedizione]
Papa Francesco: — Per favore, vi chiedo di pregare per me. E prima di andarmene, una domanda: con chi dobbiamo parlare di più, a casa?
Ragazzi: — Con i nonni!
Papa Francesco: — Bravi! E voi, genitori, cosa dovete fare con i vostri figli un po’ di più?
Genitori: — Giocare!
Papa Francesco: — Giocare. E voi educatori, come dovete portare avanti l’educazione, con quale linguaggio? Con quello della testa, con quello del cuore e con quello delle mani! Grazie e arrivederci!
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