Da circa due anni tiene banco la storia del piccolo Dama, tredicenne di origine etiope costretto purtroppo a una prematura morte a causa di un tumore alle ossa. Il padre di Dama è impegnato in una strenua battaglia per riuscire a sbloccare lo smartphone del figlio, che racchiude ricordi ai quali, a causa del codice, non è più possibile accedere, ma Apple, casa produttrice dello smartphone del ragazzo, si è sempre opposta a violare la politica aziendale, che prevede come a nessuno, e in nessun caso, possa essere concesso di sbloccare un dispositivo appartenente a un altro utente senza conoscerne il codice. Una politica per la sicurezza e per la privacy alla quale i padre di Dama si è appellato per fare uno strappo alla regola, scrivendo anche al CEO di Apple in persona, Tim Cook, spiegando come la sua decisione sia legata esclusivamente al desiderio di accedere a ricordi che solo lo smartphone può custodire, considerando ormai quanto questi dispositivi siano importanti nella vita di un ragazzo.
SI PUO’ SBLOCCARE LO SMARTPHONE DI UN DEFUNTO?
IL CASO DEL TREDICENNE DAMA, UN DILEMMA ETICO
In un articolo scritto dalla psicologa Maura Manca per l’agenzia AGI, viene analizzato come le politiche di privacy delle grandi aziende tecnologiche poco centrino con il dovere di un genitore di un teenager di sorvegliare e soprattutto avere quella funzione da tutore strettamente connessa all’essere genitore. E che soprattutto un caso come questo sia assolutamente da considerare slegato da quelli che sono i timori, in parte anche giusti, per la privacy degli utenti degli smartphone e dei principali dispositivi tecnologici. Secondo la Manca non sta in piedi la teoria di Tim Cook secondo la quale sbloccare uno smartphone, anche in un caso estremo come questo, in maniera forzata rappresenterebbe un precedente pericoloso che farebbe venir meno il rapporto di fiducia che tutela i clienti con le aziende, soprattutto con i colossi come Apple. La questione però è aperta, tanto che le stesse major digitali come Google e Apple stanno pensando di far realizzare agli utenti dei “testamenti digitali” che possano risolvere queste controversie sul nascere.