Michele La Ginestra è uno di quei classici attori visti e rivisti mille volte tra film, fiction e sceneggiati in tv: faccia simpatica, bell’eloquio, visto di recente a Immaturi (faceva il prete) e nel talent Cuochi e Fiamme su La7, tra le varie cose ha fondato il Teatro 7 a Roma ed è uno degli attori teatrali più attivi in Italia… nel parlare di Gesù Cristo. Già, sebbene è limitato farlo passare come “attore credente”, Michele La Ginestra ha di recente rilasciato un’intervista a “Credere” sul significato profondo della Pasqua anche all’interno del sui lavoro di attore: cos’è infatti la Risurrezione del Signore? Cosa significa oggi, per un uomo del Duemila, la fede in un Dio che dice di essersi fatto carne? La Ginestra sta portando in questi giorni in tour per i teatri “Come Cristo comanda”, il racconto particolare della Crocifissione dal punto di vista di due centurioni che “riempiono di domande” se stessi e il pubblico: «A volte penso che, se il mio cammino di fede non è stato tortuoso, è perché non mi sono mai accontentato: fin da ragazzo, se non capivo qualcosa, chiedevo, approfondivo, cercavo le risposte. Non ho mai accettato supinamente un’idea solo in quanto proferita da un’istituzione o da qualcuno che indossava una tonaca. Sono sempre andato alla ricerca di qualcosa che mi stimolasse», racconta l’attore romano al settimanale “Credere”.
Il “mistero’ della Risurrezione, secondo il racconto a teatro – e non solo – è un problema che riguarda tutti, anche le nuove generazioni apparentemente sempre più distaccate dalla fede: «La difficoltà maggiore è conquistare la loro attenzione: sono costantemente distratti da altro. Molti, inoltre, non desiderano nemmeno cercare dei punti di riferimento. Il nostro compito è stimolarli a cercare qualcuno con cui confrontarsi. Inoltre dovremmo trovare un linguaggio che sia il meno bigotto possibile. Purtroppo tanti addetti ai lavori parlano in un modo ormai fuori dal tempo: per esempio, non è più possibile ascoltare le prediche lette o una Messa fatta con i tempi di trent’anni fa. Sarebbero più efficaci pochi concetti, ben espressi, e lo dico da addetto ai lavori: quando recito a teatro, devo continuamente rilanciare, scartare a destra a sinistra, per mantenere viva l’attenzione del pubblico».
LA PASSIONE PER LA REALTÀ
Una domanda continua, un modo “viscerale” di vivere il proprio lavoro e la propria fede che stupisce nel mondo di oggi, pur nella “cattolica” Italia: ancora La Ginestra, «Spesso si pensa che essere credente voglia dire astrarsi in qualche modo dalla realtà che ti circonda. Nulla di più sbagliato: la nostra fede va applicata al quotidiano e a tutte le sue facezie. Tra l’altro noi siamo chiamati a essere esempio per gli altri: a far capire che, oltre al vivere civilmente, c’è anche quel quid in più che ti spinge ad amare chi ti fa del male. Solo così potremo essere catechisti, ossia portatori di una sana parola attraverso le nostre azioni: la Parola va tradotta nella quotidianità». Secondo l’attore romano, il valore dell’attore nel mondo complesso e “secolarizzato” della cultura italiana ha ancora un ruolo importante: in particolare un attore che opera nel mondo della commedia, come Michele La Ginestra, quale tipo di “apporto” può dare? «Permette di conquistare la fiducia del pubblico rompendo le barriere che di solito si innalzano quando ci si mette in ascolto. A quel punto, si può affrontare un discorso serio, attualizzandolo. Nei miei lavori mi piace inoltre sollevare le domande che tutti noi ci porremmo»; come dire, fare domande e farsi domande non è una “cifra” esclusiva degli attori impegnati, delle grandi tragedie o di settori di nicchia. Tutt’altro, è un “problema” che interessa tutti: avere davanti qualcuno che ancora oggi scommette sulla presenza di un Dio che si è fatto carne – morendo e risorgendo, per liberare l’umanità dalle proprie colpe – è un fattore del tutto inaspettato e proprio per questo assai intrigante.