La notizia dell’operaio di una ditta di Melzo, licenziato dopo 30 anni perché sostituito da una macchina, ha fatto in breve tempo il giro del web. A sorprendere, non è tanto la motivazione che ha spinto l’azienda Grief Italia Spa a lasciare a casa il 61enne marocchino, quanto la freddezza e la mancanza di tatto utilizzata dalla stessa in questa occasione così delicata. Prima di tutto, il dipendente in questione è disabile, avendo perso una mano nel 1991. Secondariamente, è un operaio di vecchia data, lavora in quell’azienda da trent’anni, e di conseguenza è una persona su cui si può fare affidamento. Terzo, la mancanza di preavviso, visto che la lettera di licenziamento sarebbe giunta da un giorno all’altro, come un fulmine a ciel sereno. Ma leggiamo un altro passaggio significativo di questa famosa lettera «Abbiamo valutato la possibilità di assegnarle altre mansioni, anche di livello inferiore riconducibili alla sua professionalità e comunque a lei utilmente affidabili. Purtroppo non è stata reperita alcuna posizione lavorativa vacante, essendo tutti i posti già occupati da altri dipendenti». Quindi la conclusione, gelida: «Abbiamo avviato la proceduta per la risoluzione del rapporto di lavoro ai fini dell’esperimento del tentativo di conciliazione. L’incontro avvenuto in data 29/03/18 ha avuto esito negativo». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
LICENZIATO PERCHE’ SOSTITUITO DA UNA MACCHINA
Dopo trent’anni di lavoro presso un’azienda di Melzo, un operaio è stato licenziato, sostituito da una macchina. E’ questa la storia di un 61enne marocchino, che dal 1991 ha perso una mano, e che ha vissuto gli ultimi 27 anni della sua vita lavorativa da disabile. Nessun problema però, ha sempre svolto in maniera dignitosa il proprio incarico, fino a poco fa. L’azienda in provincia di Milano, la Grief Italia spa, multinazionale che produce taniche e contenitori, gli ha infatti spedito a casa una lettera di “licenziamento per giustificato motivo oggettivo con esonero dal preavviso”, in cui si spiega il motivo di tale decisione a sorpresa: «La nostra società ha installato una macchina, denominata ‘Paint cap applicator’, che svolge in automatico il medesimo lavoro sino a oggi da lei svolto. Viene così soppressa la Sua posizione lavorativa».
“MI PAGASSERO ALMENO I CONTRIBUTI…”
L’operaio era addetto alla posa dei tappi provvisori sui flaconi, si legge sull’edizione online de La Repubblica, ma questo lavoro verrà ora svolto meccanicamente, e l’azienda non ha più bisogno dei suoi servigi. Ovviamente non ci sta il diretto interessato: «Mi manca poco alla pensione – afferma – appena quattro anni. Lavorare lì per me era la vita. Che almeno mi pagassero i contributi». Ha provato a mediare con l’aiuto dei sindacati, ma pare che il negoziato sia fallito, e di conseguenza il lavoratore marocchino ha deciso di rivolgersi ad un avvocato penalista specializzato in queste cause, Mirko Mazzali: «Non si può – spiega il legale – licenziare una persona che ha lavorato trent’anni in un posto, prossima alla pensione, perché una macchina ha preso il suo posto. Tanto più se si tratta di una persona con una disabilità tale da rendere difficoltosa la ricerca di un nuovo impiego».