Ci sono voluti due giorni per l’autopsia sul corpo di Donatella Rigon, la fotografa di 52 anni trovata senza vita col fratello Piermatteo. Si era parlato di omicidio-suicidio, ma la dinamica di quanto accaduto all’interno della villetta di Padova è tutta da ricostruire, così come il movente. I risultati dell’esame autoptico hanno aggiunto degli elementi. È emerso che la donna aveva almeno venti ferite da taglio sul collo e diverse altre ferite su tutto il corpo. Stando a quanto riportato dal Gazzettino, sarebbe stata usata una forchetta come un pugnale. Ma nessuna di queste ferite sembra essere quella mortale, infatti la causa della morte sarebbe legata all’ingestione di veleno per topi. Resta dunque il mistero su come sia morta. L’impressione è che sia andata in scena una vera e propria mattanza. Una lite furiosa sfociata in una battaglia con inseguimenti e fendenti in varie parti della casa. Non è detto che si tratti di un omicidio-suicidio, bensì di un omicidio reciproco. Non si sa ancora chi abbia esalato per primo l’ultimo respiro, ma evidente è la rabbia tra i due, il segno è il sangue. La morte, però, nel caso di Donatella non sembra essere arrivata per le ferite da taglio ma per quel topicida: è stata trovata una tazza colma di questa polvere velenosa sopra la tavola, oltre che sparsa in tutta la casa.
PADOVA, I FRATELLI RIGON SI SONO UCCISI A VICENDA?
Quando i poliziotti sono entrati lunedì nella villetta hanno trovato un mare di sangue in tutte le stanze, polvere topicida ovunque una tanica di benzina. I corpi di Donatella e Piermatteo Rigon sono stati trovati lungo un corridoio, al piano superiore della villetta, a distanza di un metro e mezzo dall’altro. Donatella Rigon era ricoperta di sangue, seduta e appoggiata alla parete con la testa reclinata da un lato. Il fratello, disteso sul ventre, aveva la faccia affondata su un cuscino. Come riportato dal Gazzettino, gli inquirenti non hanno ancora decifrato la sctteo e Donatellaritta sulla parete di una stanza della villetta vergata col sangue. L’autore, uno dei due fratelli, ha usato l’indice della mano destra sporco di sangue forse per scrivere sul muro il nome del suo assassino. Le autopsie sul corpo dei due fratelli, dunque, non hanno risolto il giallo. A quella della fotografa, eseguita dal medico legale Barbara Bonvicini, ha partecipato anche la professoressa Luciana Caenazzo, che ha eseguito alcuni prelievi di Dna per comparare le impronte di sangue sul muro, e la dottoressa Davaretto, che ha effettuato i rilievi tossicologici. La dinamica è da ricostruire, così il movente. L’acredine tra i due fratelli sarebbe cresciuta dopo la morte della madre a dicembre. Lo hanno scoperto gli inquirenti, secondo cui Piermatteo, disoccupato, si appoggiava alla pensione della mamma per vivere, quindi ora che non c’era più era andato a chiedere soldi alla sorella.