Ha 30 anni circa, di origini campagne e nel folle pomeriggio di ieri a Rimini ha tentato di aggredire e picchiare la moglie-compagna che teneva in braccio il loro figlio neonato in lacrime: una gravissima storia di violenza familiare e domestica si è consumata nella Riviera Romagnola e un inatteso aiuto è giunto, prima dell’arrivo della Polizia di Rimini, dalla sorella di quell’uomo violento che se fosse riuscito a raggiungerla probabilmente saremmo qui a parlare di un’ennesima tragedia contro una donna e il suo figlio innocenti. Come cita l’Ansa, il 30enne è entrato in casa e durante una violentissima lite ha tentato di sfondare la porta del bagno dove la moglie si era rifugiata col piccolo figlio in braccio per evitare guai peggiori: per fortuna è riuscita ad avvisare in tempo la cognata e un vicino di casa perché potessero intervenire e salvarla dall’ira funesta del compagno.
MAMMA SALVATA DALLA COGNATA
Pare non fosse la prima volta che l’uomo dava in escandescenza: come riporta Rimini Today, già in passato l’aveva spedita in Pronto Soccorso con diverse lesione proprio in seguito ad una lite violentissima. All’interno della casa gli agenti hanno trovato il campano e il vicino di casa, che si era posto a protezione della porta del bagno, chiusa, benché danneggiata nella parte inferiore con segni compatibili con un calcio violento: anche la cognata stava cercando di convincere il fratello al desistere dall’ira contro la compagna, letteralmente terrorizzata ancora all’interno del bagno anche dopo l’arrivo della Polizia e la fine dell’assurdo e angosciante momento di tensione domestica. Pare che dopo due violente liti, l’uomo abbia passato la notte fuori casa e al suo ritorno la moglie non ha voluto aprirgli la porta, forse per paura di ritorsioni come nel passato: qui è scattato allora la “miccia” che ha portato l’uomo a sfondare la porta e tentare di aggredire la moglie mentre la cognata cercava di farlo desistere (e prendendosi una botta assai violenta con la schiena sul pavimento). L’uomo è stato così arrestato e condotto in carcere, mentre la famiglia terrorizzata è sottoposta alle cure dell’ospedale e dei servizi sociali.