Nel 2005 sono stati rinvenuti i resti di un villaggio del 3800 a.C. sulle sponde del lago Cecita, nel cuore della Sila Grande, in Calabria. Alcuni dei reperti recuperati testimoniano che la tessitura allora era già nota. Si praticava, ad esempio, il processo di lavorazione della ginestra e del lino per ottenere la fibra colorata. L’uso di tinture di origine vegetale è arrivato fino al Novecento. Oggi l’industrializzazione nell’industria tessile e il ricorso a coloranti chimici rischia di far scomparire, insieme al metodo tradizionale, anche l’impiego stesso dei pigmenti ricavati dalle piante. Con la conseguente distruzione di un patrimonio in cui la cultura si intreccia all’economia dei territori.
Luigia Angela Iuliano, direttrice del Centro sperimentale e dimostrativo dell’Arssa, l’Agenzia regionale per lo sviluppo e per i servizi in agricoltura della Calabria, ha provato a fare quadrato intorno al bagaglio di conoscenza – in tema di arte tessile e colorazione naturale dei tessuti – che ancora vive nella sua terra. L’ha fatto conducendo una ricerca iniziata su sollecitazione di numerose tessitrici calabresi che desideravano non rinunciare alla propria fonte di reddito primario. L’esito di questo lavoro è confluito in un volume, Lungo il filo di Aracne. Fili, trame e tinte Calabria Mediterranea, che esamina le tecniche di tessitura e i simboli ricorrenti nella iconografia delle trame. Il libro, inoltre, dedica un capitolo alla sperimentazione in cui viene illustrata la modalità con cui sono stati ottenuti certi colori da determinate piante, colori che sono serviti a tingere i filati: dai fiori del cartamo per il giallo alle bacche di sambuco per il blu, dal mallo di noce per il marrone all’ortica per il verde.
Prima di arrivare alla sezione del volume riservata alla fase empirica, la Iuliano si sofferma a lungo sui simboli presenti nei tessuti dei popoli mediterranei, e non solo. Uno dei motivi decorativi più diffusi – e che in Calabria è ricorrente soprattutto nelle coperte nuziali – è quello dell’albero della vita. La sua rappresentazione appartiene a diverse culture. Originario dell’India, viene assorbito lungo i secoli dai Persiani e poi dai Greci. Nel Medioevo è usato largamente nelle decorazioni delle cattedrali di tutta Europa.
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Albero della vita e albero biblico di Jesse, che raffigura la genealogia di Cristo, tendono a coincidere. Sono varianti del medesimo simbolo la vigna e l’albero della conoscenza. «Ho impiegato quattro anni per esaminare i tessuti calabresi – spiega Luigia Iuliano -. Sono stata nelle chiese, a casa di tanti che mi hanno mostrato i corredi di una volta, e ho visitato le artigiane il cui lavoro ripetitivo, appreso spesso oralmente, ha permesso di conservare motivi decorativi che altrimenti sarebbero andati perduti. Ogni manufatto tessile è come un libro che racconta, solo che la scrittura utilizzata, fatta di segni, ormai non è più comprensibile. Siamo diventati analfabeti».
Da qui la paziente ricostruzione della Iuliano che arriva a raggruppare i disegni sui tessuti in base all’appartenenza ad alcune figure stilizzate: complementarità, acqua, rosa, fertilità, protezione, centro, simboli geometrici e simboli zoomorfi. L’edera, ad esempio, fa parte dei segni di protezione. È rappresentata ai bordi del copriletto, a sottolineare la necessità di proteggere lo spazio nuziale. Le sue foglie perenni simboleggiano l’immortalità, così come il suo aggrapparsi tenacemente richiama il senso dell’amore duraturo.
Nella ricerca, che non si è limitata al mero esercizio erudito, è stata coinvolta anche Graziella Guidotti, designer tessile fiorentina, consulente di musei e industrie in Italia e all’estero, tra le fondatrici dell’associazione Coordinamento tessitori a cui aderiscono circa 300 tra appassionati e professionisti. «Chi si avvicina alla tessitura si innamora – dice la Guidotti -. Ma sebbene tante persone sappiano tessere, poche conoscono la tessitura. Invece la conoscenza determina l’atto creativo».
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E proprio per ribadire questo nesso, il percorso di Luigia Iuliano, oltre che con un libro, si è concluso con una mostra di tessuti realizzati da un gruppo di artigiane che hanno messo in pratica alcune delle tecniche tintorie apprese. Le stesse artigiane, poi, hanno preso parte, dal 25 al 27 giugno, a una perfomance teatrale, sotto la regia di Salvo Piro: al centro della scena si muove un enorme telaio del ’700; intorno a esso, i miti di Aracne, Penolope e della tradizione orientale si dipanano in contemporanea con la trama dell’ordito; dentro il telaio, le tessitrici fanno andare il filato, con movimenti sempre uguali, eppure mai identici.