Forse ispirato dal film “2012”, sicuramente preoccupato per i tanti cataclismi naturali che colpiscono il nostro Pianeta, l’architetto russo Alexander Remizov ha ideato una super arca galleggiante di circa 14mila metri quadri, da costruire in qualunque parte del mondo, e capace di contenere fino a 10mila persone.
Ricordate l’ultima parte del film catastrofico “2012”? Le scene finali quando alcuni privilegiati, dopo che la Terra era ormai devastata e sommersa da onde giganti, trovano rifugio su alcune arche modernissime e super tecnologiche? Non sappiamo se l’architetto russo Alexander Remizov abbia visto il film, certo è che le coincidenze sono evidenti.
L’architetto, insieme a una ditta tedesca specializzata in design, ha ideato infatti la cosiddetta “The Ark”, una struttura mobile e galleggiante che ricorda in modo impressionante proprio le arche del film in questione. Remizov infatti è stato ispirato dai recenti cataclismi che colpiscono sempre più di frequente il nostro pianeta, ad esempio lo tsunami che devastò l’Indonesia alcuni anni fa e l’aumento generale del livello degli oceani. L’idea è poi stata sviluppata all’interno di un programma a cura dell’Unione Internazionale degli Architetti dedicato ai disastri naturali.
La forma esterna della struttura ricorda il guscio di una chiocciola. Si tratta di una enorme cupola in grado di promuovere la formazione di turbolenze d’aria dando propulsione ai generatori eolici. La struttura infatti è eco sostenibile. Con una dimensione di 14mila metri quadri e la possibilità di contenere fino a 10mila persone, secondo l’architetto si può costruire in pochissimo tempo, proprio per far fronte a disastri improvvisi, ed è progettata in modo che possa essere sistemata sulla terraferma ma prendere anche tranquillamente il largo nel mare in caso di allagamento.
Sarebbe anche in grado di resistere a terremoti di forte intensità. E’ una struttura cosiddetta modulare e prefabbricata che permette la sua costruzione nei climi e negli ambienti più diversi. La struttura modulare ne permette l’uso come hotel, per uffici, per abitazioni private, e rifugio di emergenza. Al suo interno anche ampi spazi destinati al verde. "Potrebbe essere costruita in soli 3 o 4 mesi, in qualsiasi parte del mondo – ha fatto sapere Remizov, specializzato in insediamenti a basso impatto ambientale. Si può addirittura costruire direttamente sull’acqua grazie a una particolare carena a nido d’ape.
Spiega l’architetto: "La forma di una cupola promuove la formazione di turbolenze d’aria, rafforzando il lavoro di generatori eolici. Dentro l’edificio, la forma a cupola promuove l’accumulo di aria calda nella parte superiore della struttura. Questo calore sarà trasformata in altri tipi di energia da raccogliere anche negli accumulatori termici”.
L’arca è previsto sia costruita utilizzando legno, acciaio e plastica EFTE ad alta resistenza. Il processo di costruzione prevede che si parta da una struttura centrale connessa a generatori eolici e a un soffitto autopulente che può resistere alle più ardue condizioni meteorologiche. Per Remizov, i costi dell’intera struttura sarebbero alquanto contenuti.
Remizov si è anche ispirato a "Biosphere", una gigantesca serra progettata per contenere un ecosistema completo e autosufficiente, costruita tra il 1987 e il 1991 in Arizona, negli Stati Uniti. Lo scopo della struttura era quello di studiare applicazioni per possibili colonizzazioni di pianeti dello spazio. Ma anche la salvaguardia di un ecosistema in vista di possibili cataclismi sul nostro pianeta.
La struttura è stata costruita su una superficie di 12mila metri quadri e al suo interno si trovano una barriera corallina, una foresta di mangrovie, una savana, un deserto, campi coltivati e una zona per le abitazioni delle persone. Purtroppo l’esperimento non è stato fortunato. Come nota lo stesso Remizov, "fu una idea fantastica ma non vincente. All’interno della cupola si sviluppò una gran quantità di anidride carbonica prodotta dai batteri che si erano sviluppati al suo interno. La conseguenza fu la morte di gran parte delle piante".
Non solo: sembra che i batteri abbiano dato vita a una rara malattia neuro degenerativa che portò alla morte del professor Roy Walford, responsabile della missione che seguiva l’esperimento. Una seconda missione, aperta nel 1994, diede vita a risultati altrettanto disastrosi: le persone che furono messe a vivere nella struttura dopo soli 32 giorni cominciarono a litigare furiosamente arrivando a sabotarne la struttura aprendo porte e pannelli. La missione venne sospesa. Oggi è diventata una attrazione turistica.