JD Vance ha condotto per due ore il podcast di Charlie Kirk, proponendosi di conciliare le due anime contrapposte degli States. Con lo sguardo al dopo-Trump
“Il movimento costruito da mio marito non morirà”. Così annuncia Erika Kirk, 36 anni, due figli, un passato da modella ed un presente da imprenditrice. Voce decisa, anche se rotta dal pianto, sguardo fermo, vestiti eleganti ma sobri: “non avete idea del fuoco che avete acceso in questa moglie” ribadisce, annunciando che intende confermare tutti gli appuntamenti già presi dal marito, ed in particolare proseguire il tour di dibattiti programmati nei campus universitari, nonché far proseguire il suo podcast.
E proprio il podcast è stato tenuto lunedì da un conduttore d’eccezione: il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance. Vance, amico personale di Kirk, da cui ha ricevuto sostegno sin dall’inizio della sua attività, ha gestito magistralmente circa due ore di diretta radiofonica, discutendo con numerosi ospiti, sia parte dell’amministrazione Trump, come b, Chief of staff della Casa Bianca, che con giornalisti e opinionisti, come Tucker Carlson.
Durante la trasmissione, il vicepresidente ha sottolineato come l’amministrazione Trump, e lui personalmente, desiderino lavorare per l’unità nazionale, apprezzando così le condoglianze ricevute da molti colleghi democratici, ma che non è possibile raggiungere l’unità senza la verità: “i dati sono chiari: è molto più facile che la violenza politica sia giustificata e celebrata dalla sinistra”.
Il riferimento è ad un recente sondaggio YouGov, per cui, alla domanda “ritieni accettabile per una persona essere contenti della morte di una figura pubblica politicamente molto distante?” il 24% di chi si definisce “very liberal” ha risposto di sì contro solo il 3% di chi si definisce “very conservative”.
Il vicepresidente Vance ha quindi invitato a non accettare che si celebri la morte di Kirk, ribadendo che “non crediamo nella violenza politica, ma crediamo nella civiltà. Non c’è civiltà nella celebrazione di un omicidio politico”.

Molti datori di lavoro hanno preso sul serio questo invito e si moltiplicano le notizie di dipendenti licenziati o comunque sanzionati per aver esultato sui social network per la morte di Charlie Kirk: è difficile in questo momento dare una stima dei numeri, ma molte società private (dal Nasdaq al Washington Post) e diversi enti pubblici (dal secret service a numerose istituzioni scolastiche) hanno annunciato anche sui social il licenziamento di lavoratori che avevano esultato sui social per la morte di Kirk.
Elon Musk, postando su X lo screenshot di una dipendente di Tesla che insultava Kirk prendendosi gioco della sua morte, ha semplicemente commentato “questa persona non è più dipendente di Tesla”.
In queste due ore di podcast, Vance ha tentato di rimettere in dialogo persone non solo di diversa età (millennials e boomers, Gen Z e cinquantenni), ma anche personalità provenienti da mondi diversi dell’universo repubblicano: dal mondo dei social network e dei podcast a quello più tradizionale delle aule del parlamento e delle stanze del governo, da neocon tradizionalisti a persone emergenti del mondo MAGA.
È un’operazione delicata, ma necessaria per chi guarda a quello che accadrà dopo Trump: il 2028 non è poi così lontano e Vance si sta dimostrando una figura di spicco, in grado di unire le diverse anime della destra.
Il funerale di Charlie Kirk sarà celebrato domenica, in Arizona, dove per accogliere le folle previste è stata scelta una location inusuale: uno stadio di football americano. Il presidente Trump ha annunciato la sua partecipazione.
Nel frattempo Andrew Kolvet, portavoce di Turning Point USA (l’associazione fondata da Kirk e diretta ad una presenza di stampo conservatore nelle scuole e nelle università) ha dichiarato di aver ricevuto oltre 32mila richieste in due giorni per costituire dei capitoli in nuove scuole e università. Insomma, il movimento costituito da Charlie Kirk è più vivo che mai e sarà in grado di plasmare la vita politica americana dei prossimi anni.
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