La stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori si è vaccinata, con grande senso civico, di responsabilità e di solidarietà, in particolare rispetto a coloro che non possono vaccinarsi.
L’obbligo di Green Pass vuole essere un segno tangibile di condivisione e supporto della loro scelta. Non vi è nulla di discriminatorio. Il vaccino è l’unica arma che abbiamo per prevenire ulteriori effetti drammatici del virus Covid-19 anche se, come tutti i vaccini utilizzati negli anni, non può coprire nessuno al 100%; però i dati dimostrano che i vaccinati subiscono molto meno gli effetti del virus nel caso dovessero di nuovo essere positivi.
Il mondo del lavoro e le persone che vi appartengono, come al solito sono in prima linea nei momenti di bisogno del Paese. Il lavoro è al centro della vita delle persone ed è l’unico volano sul quale rilanciare il Paese e la coesione sociale.
Il grande senso di responsabilità delle lavoratrici e dei lavoratori, va premiato dalle parti sociali, le quali devono farsi parte diligente, senza perdere tempo nel definire nuovi accordi per favorire le migliori relazioni sindacali possibili nei luoghi di lavoro, sulla scia dell’esperienza dei numerosissimi Protocolli anti Covid.
Questi ultimi vanno aggiornati a fronte del decreto, inserendo l’utilizzo del lavoro a distanza per coloro che non possono recarsi al lavoro e prevedendo l’utilizzo della bilateralità per pagare i tamponi, perché tutti i lavoratori, i clienti e i fornitori ma anche i datori di lavoro devono presentare il Green Pass, in una sorta di Bolla aziendale (come le bolle di una classe a scuola).
Per favorire la massima partecipazione al lavoro abbiamo chiesto al governo anche di ridurre maggiormente il costo del tampone e magari aumentare lo sgravio fiscale previsto per i medicinali.
Non vogliamo assolutamente dare la sensazione che si ammicchi a gruppi che, spesso intrisi di fake news, respingono l’idea di vaccinarsi senza alcune ragione oggettiva. Promuovendo campagne vaccinali nei luoghi di lavoro vogliamo invece valorizzare l’impegno dei lavoratori nel voler superare la pandemia; questa volta la maggioranza non è stata silente, ma con un comportamento encomiabile ha di fatto espresso chiaramente la propria volontà. Questa volontà andrebbe urlata.
Nella scelta di vaccinarsi da parte della stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori va letta la volontà di tornare ad una vita normale, fatta di lavoro, momenti di incontro e di libertà di movimento, insieme alla necessità di far ripartire l’Italia, il Paese intero riportandolo in un percorso di crescita.
La Cisl da tempo ritiene opportuno che in un momento come questo vi sia un grande sforzo corale, suggellato da un nuovo Patto sociale, che a sua volta sia il segno tangibile della volontà delle parti e stimoli i singoli ad impegnarsi con spirito comunitario. Le voci della politica finora sono state timide rispetto alla definizione di un nuovo Patto sociale, con ciò dimostrando forse più di temere un dover rendicontare le proprie azioni piuttosto che voler segnare un nuovo avvio per il Paese.
Sul come far ripartire l’Italia si deve comunque aprire una profonda riflessione che parta dal presupposto di non sprecare gli insegnamenti e le sofferenze portate dalla crisi. Non si può tornare al “business as usual”, dobbiamo fare ogni sforzo per rendere il sistema economico più equo e più rispettoso dell’ambiente, cosa che permetterà una maggiore resilienza del sistema stesso, rispetto alle possibili turbolenze del futuro.
Le risorse del Pnrr devono essere usate per favorire la trasformazione del nostro sistema economico favorendo e velocizzando la transizione ecologica. La questione energetica è probabilmente il fattore centrale della transizione. La necessaria velocizzazione nella costruzione di impianti per la produzione di energia rinnovabile deve essere argomento di confronto con le parti sociali per evitare i tipici fenomeni Nimby, che rischiano di rallentare la transizione per poi lamentarsi del ritardo stesso. Ma il confronto, ai diversi livelli territoriali, sarà necessario e utile per tutto il percorso previsto dal Pnrr. Se le riforme partono idealmente dal centro le opere e gli investimenti avranno ricadute territoriali. Per l’economia circolare questo sarà ancor più evidente, con la necessità di nuovi impianti per gestire in maniera ottimale il ciclo dei rifiuti, recuperando materie prime seconde ed energia, al fine di evitare al massimo l’utilizzo di discariche. Si potrebbe continuare con un elenco quasi infinito di priorità e richieste che si moltiplicherebbe in ogni regioni in base alle rispettive esigenze e specificità.
La transizione si dice deve essere anche giusta, equa. Si deve riuscire a ripartire i sacrifici e le opportunità in maniera che non si creino sacche di svantaggio, ed in tal senso la formazione e la riqualificazione dei lavoratori, all’interno di un quadro di politiche attive, possono essere strumenti ideali di percorsi per accompagnare i lavoratori in questa transizione.
La volontà di ripartire espressa dalle lavoratrici e dai lavoratori con la loro grande adesione alla campagna vaccinale può essere tenuta in conto e resa evidente proprio attraverso il dialogo con le organizzazioni sindacali, per riconoscere quella cittadinanza sociale al mondo del lavoro che è motore di sviluppo e di coesione sociale. Due elementi fondativi del vivere civile e delle moderne società occidentali.
Il mondo del lavoro si aspetta molto in questa fase perché molti sono stati i sacrifici che ha dovuto sopportare durante le fasi critiche della pandemia.
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