Le produzioni cinesi mettono a rischio quelle tedesche e i dazi annunciati da Trump non aiutano un'economia orientata all'export
STOCCARDA – Nei primi anni 2000, la Cina entrò nella Wto e la prima ondata di prodotti made in China si riversò sulle coste europee. L’industria cinese era ormai in grado di produrre prodotti di qualità simile a quelli italiani, ma a un prezzo decisamente inferiore. Per tornare ad essere competitivi sarebbe stato necessario ridurre i costi dello stesso fattore: una soluzione matematicamente plausibile ma politicamente improponibile.
A distanza di 20 anni possiamo dire com’è andata a finire: gli stipendi italiani sono rimasti sostanzialmente stagnanti, provocando di fatto la riduzione dei costi richiesta per recuperare competitività. Purtroppo nel frattempo molte aziende sono sparite o sono state acquisite da competitor stranieri.
L’industria tedesca fu risparmiata dalla prima ondata di industrializzazione cinese, perché era posizionata a un livello tecnologico superiore. Ma ora le cose sono cambiate e la Germania si trova in una situazione molto simile a quella dell’Italia di vent’anni fa. La riduzione del personale appare una misura necessaria, ma ridurre i posti di lavoro a parità di stipendio non comporta un aumento della produttività, poiché verosimilmente non sarà possibile svolgere lo stesso lavoro con meno persone (in attesa dell’intelligenza artificiale).
Una soluzione potrebbe essere quella di ridurre gli stipendi orari, ottenendo un aumento immediato di produttività e competitività: una soluzione sempre matematicamente plausibile e ancora politicamente impraticabile.
Nel frattempo le cose sembrano migliorare per l’industria automobilistica. Volkswagen ha consolidato il suo dominio nel mercato tedesco delle auto elettriche: nel primo semestre del 2025 il Gruppo ha raggiunto circa il 46% di market share, in forte crescita rispetto al circa 32% dell’anno precedente, secondo dati riportati da Autohaus.de.
Qualcosa si muove anche sul fronte della guida autonoma. Alla fiera “UITP Summit 2025”, Volkswagen ha infatti presentato l’ID.Buzz AD, ove AD sta, appunto, per “Autonomous Driving” (guida autonoma). I furgoni elettrici dovrebbero esordire come robo-taxi ad Amburgo e Los Angeles già dal prossimo anno. Nei prossimi dieci anni, si prevede che diverse migliaia di veicoli robo-ID.Buzz saranno in circolazione in diverse città del mondo.
Ma questo idillio potrebbe subire una battuta d’arresto per opera del Cigno Biondo. Come noto, nell’ambito del conflitto commerciale con l’Unione europea, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato dazi del 30% sui beni provenienti dall’Ue, in vigore dal 1° agosto. La strategia “mercantilistica” tedesca orientata all’export (per anni sotto accusa anche da parte dei partner europei) subisce ora un attacco diretto da parte degli Stati Uniti. È difficile prevedere quale sarà l’esito finale del round negoziale: in ogni caso, oltre a sperare per il meglio, è opportuno prepararsi al peggio.
Una delle strategie del Governo guidato da Friedrich Merz potrebbe puntare a sostituire una parte dell’export con una domanda interna robusta, finanziata da un forte aumento della spesa pubblica per rilanciare le infrastrutture decadenti, ferroviarie e non. Parallelamente, il Governo intende aumentare il budget della difesa per contrastare le minacce geopolitiche, con l’obiettivo di destinare fino al 5% del Pil a scopi militari, allineandosi ai diktat dell’alleato statunitense. La Germania, in virtù dello stato solido delle sue finanze e dopo la riforma del freno all’indebitamento, è tra i pochi Paesi che se lo possono permettere.
Il Ceo di JPMorgan, Jamie Dimon, ha elogiato la strategia economica del Cancelliere tedesco Merz, definendola “proprio quella giusta” e sottolineando il potenziale di crescita e creazione di posti di lavoro che potrebbe scaturire grazie a infrastrutture moderne e fiscalità competitiva. Dimon prevede un significativo aumento di flussi di capitale statunitensi verso l’Europa, a condizione che le necessarie riforme strutturali non restino sulla carta. Un bel complimento, non proprio dall’ultimo arrivato.
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