Israele tratta con la Siria ma la bombarda. Se Tel Aviv prenderà il sud siriano si rischia l'escalation. Riprendono le violenze contro i cristiani
Le trattative fra Israele e Siria non si capisce a che punto siano: c’è chi parla di un accordo vicino, in realtà gli attacchi israeliani sul territorio siriano continuano. E si allargano anche al sud del Libano, dove l’IDF ha fatto evacuare alcuni villaggi, giustificando la richiesta con la necessità di attaccare strutture di Hezbollah. Di fatto incombe la possibilità di realizzare il Grande Israele, che oltre a comprendere Gaza e la Cisgiordania potrebbe estendersi anche al sud del Libano e della Siria.
Se dovesse succedere, spiega Jacques Mourad, arcivescovo di Homs, le tensioni nell’area potrebbero crescere al punto tale da spingere verso un conflitto mondiale. La Siria di HTS e del presidente Al Sharaa, intanto, ha rinviato le elezioni, nelle quali peraltro i parlamentari eletti in un modo o nell’altro saranno per molta parte controllati dal governo. E proseguono le violenze, stavolta contro i cristiani, picchiati perché si convertano da gruppi che si presentano con divise e mezzi delle forze governative.
Alcune agenzie di informazione sostengono che Siria e Israele sarebbero vicini a un accordo. Un ottimismo giustificato o in realtà le trattative non sono ancora a una svolta?
La situazione non è molto chiara. Da una parte il negoziato va avanti, ma ogni giorno Israele bombarda obiettivi militari in Siria. Per questo si rimane un po’ perplessi.
È una tattica che Israele segue anche in altre situazioni: tratta a Gaza ma nel contempo bombarda e anche nel Libano del sud ha “ordinato” delle evacuazioni di villaggi sostenendo di dover colpire strutture di Hezbollah. Ora che vogliono annettersi Gaza e Cisgiordania pensano di far rientrare nel Grande Israele anche il sud della Siria e del Libano?
Se si realizza questo progetto il mondo è finito, si rischierebbe una vera guerra mondiale. In questo contesto mi tornano in mente le parole di Papa Francesco. Se Israele procedesse a queste annessioni, subito la Turchia si prenderebbe un altro pezzo della Siria e dell’Iraq: sarebbe l’inizio di un caos politico e militare. Ogni popolo ha tutto il diritto, secondo la legge internazionale, di scegliere il suo futuro e il suo governo e di essere indipendente. E se la comunità internazionale rimane zitta davanti a tutto questo, penso che ci saranno grandi cambiamenti. Finora è rimasta in silenzio.
In Siria, intanto, le tanto attese elezioni sono state rinviate: si riusciranno a tenere in modo regolare?
Io so solo che c’è una grande distanza tra il governo siriano e il popolo. Chi detiene il potere ha la sua politica, le sue idee, la sua strategia, mentre le esigenze delle persone rimangono fuori dal cammino di rinnovamento del Paese.
La legge elettorale prevede che un terzo dei parlamentari siano di fatto di nomina presidenziale, mentre gli altri vengono comunque scelti da comitati elettorali locali. Al Sharaa controllerà il parlamento?
Alla fine, sì. I nuovi governanti hanno organizzato a modo loro l’esecutivo, definendo i criteri per la nomina dei ministri, ora vogliono creare il loro parlamento. Così non va. Ne va anche della vita sociale del Paese. Il governo non deve imporre il suo parere senza rispettare i desideri del popolo.
Qual è il livello di sicurezza che viene garantito in questo momento nel Paese? Si segnalano ancora altri episodi di violenza?
Purtroppo, sì, nelle ultime settimane ci sono stati episodi in cui sono stati presi di mira soprattutto i cristiani. Succede continuamente con gli alawiti, ma ora anche con i cristiani. Un giorno dopo l’altro ci sono problemi con giovani e famiglie. Fatti che potrebbero essere interpretati come episodi a se stanti, ma che, secondo me, sono collegati. Non sono casuali.
Cosa succede nello specifico?
Le persone sono oggetto di violenza per cercare di convertirle all’islam. Li picchiano per indurli alla conversione, una cosa assurda. Sono azioni che vengono accompagnate anche da furti, alle persone vittime di queste aggressioni vengono rubati i soldi, piccole somme, ma che rappresentano gli unici averi delle famiglie. È veramente terribile. So di un anziano commerciante di oro che è stato ucciso per derubarlo. Lo hanno fatto a casa sua perché la gente è diffidente e preferisce tenere i propri averi nelle abitazioni.
Chi sono i responsabili di queste vicende, bande locali, fondamentalisti o comunque persone che hanno qualche legame con le forze governative?
Sono vestiti come il personale della sicurezza, usano le stesse macchine: tutto fa pensare che siano legate al governo. D’altra parte, non credo possano avere il coraggio di fare tutto questo senza sentirsi le spalle coperte.
Episodi di questo genere sono frequenti?
Nel villaggio di Qusayr, vicino al confine con il Libano, dove prima c’era Hezbollah, c’è una buona presenza di cristiani che da qualche mese sono vittime di violenza. Negli ultimi giorni ne sono stati arrestati una dozzina, finiti in carcere per ordine della sicurezza, che li ha accusati di reticenza, di non voler collaborare con loro. Mi sono interessato della loro vicenda e sono riuscito a far liberare quasi tutti, solo in due sono ancora detenuti perché accusati di altri reati. Nell’episodio erano coinvolte anche due donne, che però non sono state arrestate.
La situazione alla fine è stata chiarita?
C’è stato anche un altro problema: sono stati arrestati pure dei musulmani e quando la gente ha visto che i cristiani erano stati liberati si è arrabbiata con i rappresentanti del governo, ma ha anche iniziato un altro tipo di persecuzione, chiedendo soldi e sparando davanti alle case dei cristiani. Hanno sparato anche davanti alla chiesa. Sta di fatto che c’è un’atmosfera di sempre maggiore violenza, che aumenta ogni giorno contro i cristiani. E non riesco a capirne il motivo.
(Paolo Rossetti)
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