Kamran Dalir, della resistenza iraniana, racconta la repressione del regime: "Bene le sanzioni, colpiscono gli interessi economici dei pasdaran"
Oltre 21mila arresti di dissenzienti, 32 persone giustiziate solo nei giorni fra il 31 agosto e il 3 settembre. Il regime iraniano serra le fila e per difendersi aumenta ancora, se è possibile, il livello di iniziative contro l’opposizione. A livello internazionale ha fallito le trattative sul suo programma nucleare anche con gli europei, che hanno attivato il meccanismo che fa scattare altre sanzioni. Ma tanto, spiega Kamran Dalir, membro della Commissione esteri del Consiglio nazionale della resistenza iraniana (CNRI), le trattative servono solo per prendere tempo e raggiungere l’obiettivo della realizzazione di ordigni nucleari.
L’arricchimento dell’uranio non serve per motivi energetici, ma solo per avere un’arma che permetta di affermare un’egemonia nel Medio Oriente: il regime non rinuncerà mai a questo piano. Per questo la guerra con Israele rimane una possibilità.
Il CNRI, tuttavia, vuole un rovesciamento del regime per opera della resistenza. Contro il potere iraniano rimane anche la strada delle sanzioni, perché l’economia è nelle mani dei pasdaran ed esse colpiscono direttamente i loro interessi. Tuttavia la gente non starebbe meglio.
Sono cambiate le dinamiche interne del regime dopo gli attacchi israeliani e statunitensi ai siti nucleari?
Il conflitto centrale in Iran è sempre stato la lotta tra il popolo iraniano — insieme alla sua resistenza organizzata — e la dittatura al potere. Durante e dopo la recente guerra dei 12 giorni, il regime ha intensificato la sua repressione contro la popolazione, prendendo di mira in particolare il principale movimento di opposizione, l’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano (PMOI/MEK). Secondo il brigadiere dell’IRGC Montazerol-Mahdi, vice comandante delle Forze di Sicurezza dello Stato (SSF), oltre 21mila persone sono state arrestate solo in quel breve periodo, come ha dichiarato in un’intervista ai media di Stato. L’ondata di arresti è continuata anche dopo la fine della guerra.
E adesso cosa sta succedendo?
In una drammatica escalation, il regime ha giustiziato Mehdi Hassani e Behrouz Ehsani, due sostenitori del PMOI, nonostante le campagne internazionali volte a fermarne l’esecuzione. Inoltre, cinque prigionieri politici affiliati al PMOI, tutti condannati a morte, sono stati trasferiti nella prigione di Ghezelhessar, nota come luogo di esecuzioni. Almeno altri dieci affrontano la stessa condanna. Solo tra il 31 agosto e il 3 settembre, il regime ha giustiziato almeno 32 persone.
Francia, Regno Unito e Germania hanno attivato il meccanismo di snapback. È stata la decisione giusta? Perché l’Iran non è riuscito a raggiungere un accordo con loro?
Sì, come ha recentemente dichiarato la signora Maryam Rajavi, presidente eletta del CNRI, dopo l’annuncio dell’E3 di attivare il meccanismo di snapback, i colloqui infruttuosi tra i ministri degli Esteri dei tre Paesi europei e quello del regime iraniano, così come il fallito incontro dei viceministri a Ginevra il 26 agosto, dimostrano ancora una volta l’innegabile verità.
E qual è?
Il regime dei mullah non è disposto ad abbandonare il suo progetto di costruzione di una bomba nucleare. Questo rende l’attivazione del meccanismo di snapback e l’applicazione delle sei risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sui progetti nucleari del regime ancora più urgenti ed essenziali. Il regime utilizza i negoziati per guadagnare tempo ed evitare sanzioni, non per risolvere realmente le questioni.
L’obiettivo dell’Iran nei negoziati nucleari era ottenere la revoca delle sanzioni? In che modo le sanzioni hanno influenzato la vita della popolazione? Colpiscono davvero il regime o solo i civili?

L’obiettivo del regime nei negoziati, in realtà, è sempre stato quello di guadagnare tempo per completare il suo programma nucleare militare. D’altra parte, l’economia iraniana è nelle mani dei Pasdaran (IRGC), dei conglomerati controllati dalla Guida Suprema e di altre istituzioni collegate; quindi, le sanzioni colpiscono principalmente le organizzazioni repressive e il regime stesso. Non dimentichiamo che nel 2015, dopo il rilascio di miliardi di dollari a seguito dell’accordo nucleare (JCPOA), il denaro non è stato destinato al popolo iraniano: inflazione e povertà sono continuate a crescere, mentre i fondi sono stati utilizzati per sostenere le forze per procura del regime nella regione e i suoi programmi nucleari e missilistici. Le sanzioni, se correttamente mirate e applicate, possono invece indebolire la struttura di potere del regime e sostenere la lotta del popolo iraniano per la libertà.
Quali sono le reali intenzioni del regime riguardo allo sviluppo nucleare?
Il programma nucleare è un pilastro della sopravvivenza del regime. Con oltre 130 rivelazioni negli ultimi 38 anni, il PMOI ha smascherato il programma nucleare militare, impedendo al regime di acquisire l’arma atomica. Il regime vede la capacità nucleare come deterrente strategico e strumento per affermare la propria egemonia regionale, non come risposta a esigenze energetiche. Per questo motivo non abbandonerà il programma fino all’ultimo momento della sua permanenza al potere.
C’è il rischio di una guerra con Israele? L’Iran potrebbe sostenerla?
Non dispongo di informazioni certe in merito, ma considerando la situazione esplosiva nella regione e l’insistenza del regime sull’arricchimento dell’uranio e le crescenti attività terroristiche nel mondo, la direzione è verso un aumento delle tensioni con la comunità internazionale. Per questo la presidente eletta del CNRI, nel suo discorso al grande raduno degli iraniani a Bruxelles, ha affermato che rinviare l’azione contro il regime potrebbe portare alla guerra.
L’alternativa qual è?
Dopo la rivolta del 2022, che ha scosso il regime dalle fondamenta, le continue attività delle Unità di Resistenza affiliate al PMOI in tutte le 31 province, e un popolo esasperato da inflazione, prezzi elevati, corruzione diffusa e sconfitte subite dalle forze per procura del regime nella regione — come la caduta di Bashar al-Assad, suo principale alleato — il regime si trova nella posizione più debole degli ultimi 46 anni. Il popolo iraniano, comunque, sostiene la Terza Opzione: no alla guerra, no all’appeasement, ma il cambiamento di regime da parte del popolo iraniano e della sua resistenza organizzata.
E chiede che l’UE designi i Pasdaran come principale strumento di repressione interna, guerra e terrorismo all’estero, nonché responsabili dei programmi nucleari e missilistici; e che riconosca i diritti del popolo iraniano e della sua resistenza a cambiare il regime.
(Paolo Rossetti)
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