Sembra che l'Ue punti a trattare con gli Usa sui dazi impegnandosi in una serie di acquisti, compreso il Gnl
Secondo il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, intervistato dal Financial Times, l’Ue potrebbe facilmente arrivare a un accordo commerciale con gli Stati Uniti. Secondo il Commissario, se il problema si riduce a 50 miliardi di euro di deficit commerciale, allora la questione può essere risolta velocemente con acquisti di gas liquefatto, prodotti agricoli e qualche altro bene. Su queste basi si potrebbe quindi immaginare un accordo in tempi brevi che riporti i dazi ai valori antecedenti al 2 aprile e metta l’Ue al riparo da altre cattive sorprese. L’unico bene chiaramente identificabile nell'”elenco” fatto da Sefcovic è il gas naturale americano che dovrebbe essere comprato dall’Europa.
Non tutti i Paesi europei però hanno la stessa domanda di gas naturale e non tutti i Paesi membri dipendono da esso in modo così decisivo, per esempio per la definizione della bolletta elettrica. In Europa ci sono Paesi che hanno capacità nucleare che garantisce visibilità sui prezzi e sulla produzione di elettricità e Paesi che hanno un territorio particolarmente favorevole alle rinnovabili; altri non sono in queste condizioni. Dire che l’Europa possa risolvere le negoziazioni con gli Stati Uniti comprando gas naturale può generare un equivoco. Alcuni Paesi, infatti, hanno molto meno bisogno di altri di comprare gas naturale; dentro l’Europa, poi, le sensibilità sugli acquisti di gas russo negli ultimi anni sono state molto diverse.
Il gas naturale americano non è particolarmente economico a causa dei costi di liquefazione, trasporto e rigassificazione. Nel caso italiano questo significherebbe avere un prezzo dell’elettricità almeno doppio rispetto a quello antecedente l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni al gas russo. Se si deve risolvere la trattativa commerciale con acquisti di gas americano questo significa fermare la ricerca di alternative più convenienti.
Gli Stati Uniti producono quasi il 50% dell’elettricità bruciando gas naturale. Se le esportazioni dovessero far salire troppo i prezzi, in America si porrebbe immediatamente la scelta tra gli incassi delle esportazioni e la competitività del sistema industriale. Al picco della crisi energetica europea, nell’autunno del 2022, l’Amministrazione Biden aveva valutato un blocco delle esportazioni. Allora tutto si era risolto grazie a un inverno eccezionalmente mite, ma questa non può essere la norma. L’Amministrazione Trump, focalizzata sul rilancio industriale americano e sulla riduzione della bolletta energetica, non può che avere una priorità tra i prezzi bassi interni e le esportazioni.
La preoccupazione sulla determinazione americana di consegnare gas in qualunque contesto non è una novità. A Davos era stato l’ad di Total a chiedere a Trump un impegno formale di lungo periodo; è il segno che i timori sono reali. Infine, il gas liquefatto, per sua stessa natura, implica che sia oggetto di maggiore competizione rispetto a quello che arriva via gasdotto. L’Europa compete per le forniture di gas con il sud-est asiatico che ha fame di energia sicura.
Far passare un accordo commerciale tra Stati Uniti e Ue sulle forniture di gas rischia di determinare dentro l’Europa distorsioni che si ripercuotono profondamente sulla competitività dei sistemi industriali. Questo è sicuramente vero per l’Italia che non ha il nucleare, che ha almeno la metà del Paese inadatta alle rinnovabili e che non ha spazio fiscale per aiutare le imprese.
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