Di cosa parla l'opera "De Divinatione" di Marco Tullio Cicerone citata nella Seconda prova della Maturità 2025 per i quesiti del Problema di Matematica
CICERONE NELLA SECONDA PROVA DEL LICEO SCIENTIFICO: IL TESTO DEL PROBLEMA DI MATEMATICA
Inaspettato protagonista della Seconda prova della Maturità 2025, l’autore latino Marco Tullio Cicerone ha fatto – dopo 16 anni di assenza – doppietta con la Versione di Latino proposta al Liceo Classico dal MIM e con il Problema di Matematica proposta al Liceo Scientifico: proprio in quest’ultima temutissima prova, infatti, appare tra le otto domande che corredano i due problemi, in particolare nella settima che parte proprio da una sua citazione.
Secondo le indiscrezioni che stanno circolando in queste ore (che possiamo ritenere tranquillamente credibili anche se non sono ancora state pubblicate le tracce ufficiali da parte del Ministero), infatti, il quesito numero sette parte dalla citazione di Cicerone: “Siccome mi sembrava che per puro caso alcuni fatti fossero avvenuti così com’erano stati predetti dagl’indovini, tu hai parlato a lungo del caso, e hai detto, per esempio, che si può ottenere il ‘colpo di Venere’ lanciando a caso quattro dadi“.
La citazione è tratta dall’opera “De Divinatione” e, in particolare, dal secondo libro dei tre pubblicati dall’autore e proprio partendo da questo suo immaginario dialogo con il fratello Quinto i maturandi dovranno riflettere sulla possibilità di lanciare quattro dadi a quattro facce ottenendo quattro risultati differenti: proprio questo è il “Colpo di Venere” richiamato nella citazione, mentre l’effettivo scopo della prova è quello di determinare – da un lato – “la probabilità di ottenere il colpo di Venere” e – dall’altro alto – di “ottenere quattro numeri tutti uguali”.
COS’È E DI COSA PARLA IL “DE DIVINATIONE” DI CICERONE: IL TRATTATO TEOLOGICO DI CRITICA ALLA DIVINAZIONE
Insomma, a ben guardare il “De Divinatione” del famosissimo autore è solamente una sorta di espediente utile ad introdurre un problema statistico, da sempre tra i grandissimi protagonisti della Seconda prova del Liceo Scientifico, interamente basata sulla matematica; mentre al di là di questo, interessante – almeno, per noi che attendiamo la fine dell’Esame di Stato dall’esterno – potrebbe essere soffermarci proprio sull’opera originale.
I tre libri del “De Divinatione” sono interamente strutturati come un dialogo tra l’autore e il fratello Quinto con il primo in particolare che risulta essere – di fatto – un soliloqui di quest’ultimo: l’intera trattazione è strutturata come la più ampia e approfondita trattazione in tema teologico realizzata da Cicerone, basata interamente sul tema (richiamato ovviamente nel titolo) della divinazione e della propensione degli individui a pensare di poter prevedere il futuro grazie all’aiuto delle divinità.
L’intento dell’autore – a ben guardare – non è tanto quello di trattare il tela della divinazione, quanto di (citando il filosofo Sebastiano Timpanaro che realizzò l’introduzione dell’opera nella pubblicazione Garzanti dal 1988) “smaschera l’ipocrisia degli indovini” che preferiscono “tentare l’ignoto e postulare la presenza del divino” piuttosto che “ammettere la propria ignoranza”, ignorando completamente il fatto che – secondo Cicerone – proprio il divino e il suo mistero finiscono per inquinare “con dubbie pratiche la schiettezza della religione”.
Un’opera, insomma, piuttosto complessa ed articolata, ma che fortunatamente – a differenza del “Laelius de amicitia” richiamato nella Seconda prova del Classico con la consueta difficilissima versione – non andrà necessariamente compresa e trattata per poter concludere con successo il Problema di matematica dello Scientifico; sempre fermo restando che in fin dei conti si tratta solo di una delle otto domande che potrà essere facilmente e tranquillamente ignorata a favore di altre quattro.