Il Governo ieri ha approvato misure contro il caro bollette da 3 miliardi di euro e un ddl per produrre energia nucleare

Il Governo italiano ieri ha approvato un pacchetto da 3 miliardi di euro per far fronte al caro bollette. 1,6 miliardi di euro verranno stanziati per le famiglie e finanzieranno un contributo straordinario di 200 euro sulle bollette delle fasce di reddito più basse. Il Governo ha inoltre previsto un rinvio di due anni per il passaggio al mercato libero dei vulnerabili e ha incaricato l’Arera di adottare misure con cui migliorare la confrontabilità delle offerte luce e gas. 1,4 miliardi di euro verranno invece destinati alle imprese per abbassare gli oneri di sistema alle Pmi e per il finanziamento del Fondo per la transizione energetica nel settore industriale.



Il Governo ha anche approvato un disegno di legge per il nucleare con cui si pongono le basi per arrivare a una disciplina sull’energia atomica. Si riconosce che un Paese industriale, attento all’ambiente e alla propria indipendenza, non può prescindere da questa fonte.

È decisivo che il Governo italiano riconosca l’emergenza in cui si trovano le famiglie e, soprattutto, il comparto industriale messo di fronte alla sfida impossibile di competere con costi dell’elettricità più che doppi rispetto a quelli di altri Paesi europei e, in alcune settimane, anche dieci volte superiori a quelli che si trovano in alcuni Stati americani. La crisi energetica può essere affrontata solo con un approccio che spazia dall’emergenza fino al lungo termine. L’emergenza è quella di salvare le imprese.



Secondo il presidente del Consiglio, le norme approvate ieri determineranno uno sconto sulle bollette per le Pmi del 20%; è un importo significativo. Ieri il prezzo dell’elettricità in Italia è stato di 132 euro a megawattora contro i 55 del 28 febbraio 2019, l’ultimo anno normale prima del Covid e prima della guerra in Ucraina.

Per affrontare l’emergenza bisogna trovare risorse nel bilancio statale e il Governo è costretto a operare dentro i limiti imposti dagli obiettivi di deficit. Ad agosto 2022 la Commissione europea approvava un aiuto di stato alle imprese del Governo tedesco del valore di 27,5 miliardi di euro; era una parte del piano con cui Berlino, che ha molto più spazio fiscale di Roma, decideva di schermare le proprie imprese dalla crisi energetica.



Il tema dell’emergenza, che il Governo italiano ha compreso, si colloca in un quadro di vincoli al deficit e di maggiore disponibilità di Bruxelles ad accettare aiuti di stato che però scavano solchi nel mercato comune. Altri Paesi membri, Francia e Spagna per esempio, hanno meno problemi potendo contare sul nucleare. Bisognerebbe forse valutare se costosissimi piani di incentivi pubblici allo sviluppo delle rinnovabili, diversi miliardi di euro, con ritorni garantiti per le imprese che le installano a vent’anni siano il modo migliore per rispondere all’emergenza e anche alle sfide di lungo termine. Il fallimento del modello tedesco rimane un monito.

Il secondo orizzonte è quello del medio periodo. Nel medio periodo il prezzo italiano dell’elettricità rimarrà legato a quello del gas. La soluzione passa quindi o dal reperimento di forniture di lungo periodo di gas a basso prezzo, citate anche da Draghi settimana scorsa, oppure dal disaccoppiamento del prezzo delle rinnovabili da quello del gas; in questo secondo caso bisogna decidere quale prezzo corrispondere a chi produce energia idroelettrica, eolica e solare. Nel lungo periodo, se si vuole rinunciare agli idrocarburi, l’unica alternativa è il nucleare su cui giustamente il Governo italiano vuole puntare.

Su questo ultimo punto bisogna sgomberare il campo da alcuni equivoci. Il primo è che il resto del mondo non sta rinunciando agli idrocarburi. Anzi. L’ultimo esempio in ordine di tempo è il nuovo piano industriale di Bp con cui si rimette al centro della strategia il petrolio e il gas a discapito delle rinnovabili. Il secondo equivoco è quello sull’utilità delle rinnovabili.

Un elettrone non programmabile è un elettrone con poco valore a meno di voler modificare i consumi sulla base delle condizioni meteorologiche. Ancora oggi si pubblicano confronti tra costi delle fonti energetiche in cui non si considera che alcune sono sempre disponibili e altre no se non al prezzo di colossali investimenti in batterie e trasmissione.

Per chi non ha o per chi non vuole gli idrocarburi l’unico modo di soddisfare la domanda di elettricità è il nucleare su cui appoggiare per una parte un po’ di rinnovabili in una quota tanto più ampia quanto più il territorio è favorevole alla loro produzione.

Il passo in avanti di ieri dell’Esecutivo intanto è rilevante sia per la dimensione delle risorse messe in campo, sia per un approccio in cui si affronta contemporaneamente l’emergenza di oggi e la prospettiva dei prossimi decenni. È un cambio di paradigma importante rispetto ai tanti interventi che presupponevano una capacità infinita delle imprese e del bilancio statale di assorbire costi energetici e aiuti a settori che il resto del mondo industrializzato ha deciso di tagliare.

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