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Home » Hi-Tech » DEEPSEEK/ “Un errore guardare al ‘giocattolo’, il vero problema è chi (e come) tratta i nostri dati”

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DEEPSEEK/ “Un errore guardare al ‘giocattolo’, il vero problema è chi (e come) tratta i nostri dati”

Int. Massimo Manzari
Pubblicato 29 Gennaio 2025
Il logo della cinese Deepseek (Ansa)

Il logo della cinese Deepseek (Ansa)

DeepSeek è una AI cinese superiore a quella USA. Il vero problema non è il giocattolo, ma una rivoluzione di cui si tacciono le regole

Costi inferiori di dieci volte rispetto alla tecnologia americana. E un utilizzo molto più basso di microchip. L’intelligenza artificiale (AI) di DeepSeek sta sconvolgendo i mercati, mettendo in seria difficoltà anche colossi come Nvidia, leader mondiale proprio nella produzione dei microchip essenziali per l’AI, e ponendo il problema di una tecnologia cinese che supererebbe quella americana e occidentale. Una vicenda che ha sconvolto le Borse mondiali, ma che in realtà, ancora una volta, non ci porta ad affrontare quali siano le vere domande sull’uso dell’intelligenza artificiale, sulle sue conseguenze in termini di organizzazione sociale e diritti individuali.


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La realtà, spiega Massimo V.A. Manzari, cofondatore di Red Open, spin-off dell’Università di Milano-Bicocca, è che non sappiamo ancora abbastanza di DeepSeek, se non quello che ci viene dichiarato. Così come non abbiamo approfondito cosa ha sviluppato OpenAI. Ci stiamo ponendo, insomma, la domanda sbagliata: non dobbiamo chiederci se esiste una piattaforma cinese più performante e meno costosa di quelle americane, ma come questi strumenti cambieranno la nostra vita e quale disegno c’è dietro.


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L’intelligenza artificiale dei cinesi di DeepSeek è davvero così un portento rispetto alle altre soluzioni sviluppate finora? Si parla di costi dieci volte inferiori e di un uso di microchip molto più basso rispetto a prima: è veramente così?

Questa è la domanda che si fanno tutti, ma è fuori luogo: nessuno ha informazioni sufficienti per capire cosa c’è dietro questo black box in questo momento. Sono tutte supposizioni, sulla base delle quali si rischia veramente di costruire castelli di carta. Dovremmo prendere per buono quello che dichiara l’azienda sul suo sito, ma sappiamo che, quando viene lanciato un prodotto, lo scopo è semplicemente quello promozionale. Io porrei l’attenzione su un altro aspetto che sta passando inosservato.


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Quale?

L’effetto sorpresa. Perché se ci sorprendiamo di quello che sta succedendo, vuol dire che, come al solito, guardavamo il dito anziché la luna. Perché dobbiamo essere sorpresi che in Cina qualcuno realizzi un software di IA come quello di cui si parla in questi giorni? Stiamo parlando di un Paese avanzato tecnologicamente, anzi, che su certe tecnologie detiene la leadership. Forse il fastidio è più geopolitico che tecnologico.

L’arrivo di DeepSeek e il terremoto che ha significato in Borsa, però, stanno tenendo banco: il vero problema non è l’andamento dei mercati?

In rete, ormai da due giorni, si parla quasi solo di questo: c’è chi analizza il bit, chi prova la nuova IA, ma il problema è un altro. Ieri è stato il Data Protection Day, il giorno che ricorda la Convenzione 108 sul trattamento automatico dei dati, che risale al 1981: il punto vero oggi è informare le persone, fare in modo che inizino a prendere coscienza e consapevolezza di ciò che sta intorno.

Su cosa dovremmo riflettere?

Alla fine, tutti si sono lanciati sul giocattolino nuovo. È come se fossimo nel paese dei balocchi: non uso più ChatGPT, ma questo strumento nuovo, però senza educazione, consapevolezza e responsabilità. È chiaro che tutto ciò sta scuotendo i mercati, perché se dichiaro che ho realizzato l’unica macchina che va a 200 all’ora e poi, dalla sera alla mattina, c’è chi dice che ne ha prodotta una che va ai 250, la Borsa reagisce. Le persone dovrebbero iniziare a capire che questi strumenti meritano particolare attenzione, perché non abbiamo ancora approfondito quali siano le implicazioni. Anche perché oggi c’è poco di intelligenza artificiale: continuiamo a usare questo termine, ma in realtà siamo davanti a processi di automazione spinta di attività umane che fino a ieri non erano automatizzate. Non c’è nulla di creativo, è un’automazione di attività. È l’automazione industriale che sta permeando anche gli ambiti della sanità, del lavoro e altro ancora.

La verità è che non sappiamo ancora bene cosa faccia l’AI di DeepSeek?

Come non conosciamo abbastanza di OpenAI e di altri. Siamo davanti a progetti dove guardiamo soprattutto il risultato, lo strumento che possiamo maneggiare, ma senza valutare cosa c’è dietro. Semplicemente ci fidiamo. Scrivere su DeepSeek, in questo momento, è come romanzare la realtà.

Ma quando cominceremo a capire qualcosa di più sull’autentico significato dell’AI?

Penso che dovremmo iniziare a occuparci di come utilizziamo questi strumenti, dovremmo andare molto più in profondità e chiederci come funziona tutto il sistema. Stiamo diventando dipendenti dalle macchine? Nei giorni scorsi ChatGPT è andato in crash, non funzionava, TikTok è stato spento, e più di 100 milioni di persone si sono trovate spaesate: questi sono gli effetti della tecnologia su cui dovremmo riflettere. Stiamo creando dei sistemi in cui siamo intrappolati, ne siamo prigionieri.

Il tema vero, quindi, non è se i cinesi sono riusciti a mettere a punto un sistema superiore a quello degli americani, ma cosa comporta usare l’AI per i singoli e per la società?

Che l’IA sia cinese o no, dobbiamo capire innanzitutto se vengono rispettati i nostri diritti, come vengono trattati i nostri dati, le informazioni, con chi stiamo dialogando, le regole che ci sono dietro.

Prima che i cinesi annunciassero la loro innovazione, Trump aveva programmato un piano da 500 miliardi di dollari per l’AI. Nella situazione attuale potrebbe venire messo in discussione?

Può darsi che dica che, anziché 500, adesso serviranno 1000 miliardi. Il problema è che dietro questi strumenti ci sono delle persone che hanno delle visioni del mondo, che siano economiche, politiche, sociali, e che creano degli strumenti per raggiungere degli scopi, degli obiettivi. È questo che dovremmo cercare di conoscere. Quando si usano dei giochi di società, prima di sedersi bisogna spiegare le regole; qui invece ci stiamo distraendo, la gente gioca senza regole.

Insomma, è in corso un cambiamento epocale e noi non ci chiediamo cosa sta succedendo?

Il primo sciopero contro l’intelligenza artificiale è stato fatto da Hollywood. Hanno pensato a quello che avrebbe comportato per i doppiatori e per gli altri lavoratori. Oggi quello che Disney realizzava con mille persone lo può fare una persona sola. Si sono resi conto che in realtà sta cambiando il modello produttivo. Bisogna valorizzare la persona, il suo pensiero, la sua creatività. E se si usano degli strumenti, devono rimanere tali, non si può dipendere da loro. Ne va dell’uomo e della sua disumanizzazione.

(Paolo Rossetti)

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