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Home » Politica » DEF E TRATTATIVA STATO-MAFIA/ Gli scoop immaginifici di un Paese isterico

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DEF E TRATTATIVA STATO-MAFIA/ Gli scoop immaginifici di un Paese isterico

Gianluigi Da Rold
Pubblicato 29 Aprile 2023
Il pm Nino Di Matteo in aula a Palermo durante il processo per la trattativa

Il pm Nino Di Matteo in aula a Palermo durante il processo per la trattativa

La sentenza di assoluzione emessa dalla Cassazione getta una luce surreale sull'intera trattativa Stato-mafia. È un'immagine del Paese riflessa (anche) dall'approvazione del Def

Giovedì 27 aprile 2023 diventerà una giornata emblematica per comprendere a che livello è arrivata la situazione italiana da un punto di vista politico, giudiziario e per la sua informazione (cartacea, televisiva e dei cosiddetti new media).

Questo non si può paragonare a un “Paese delle banane”, anche se si sta lentamente impoverendo, non si può neppure definire un “Paese marginale”, dopo le posizioni conquistate dall’ultimo dopoguerra e per la sua posizione strategica e geopolitica nel Mediterraneo.


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Lasciamo perdere quindi le definizioni di una certa consistenza e torniamo invece a una realtà di normale psicologia. Questo è semplicemente un Paese isterico, che non riesce a sopportare i mutamenti che la storia impone sempre, nella sua memoria e nel suo futuro. L’isteria, come è noto, è una malattia o una sorta di nevrosi con instabilità emotiva, talvolta accompagnata da disturbi motori.


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Quello che più colpisce è certamente l’instabilità, unita a una vecchia prassi di conformismo opportunistico e di trasformismo che ha accompagnato gran parte della storia passata. Naturalmente l’instabilità emotiva, unita ai difetti congeniti, porta a comportamenti paradossali, per usare un aggettivo che non ricordi il comportamento di tangheri o imbroglioni. Aggiungendo anche le nostalgie ideologiche che in Italia non tramontano mai.

Torniamo allora alla cronaca. Primo fatto politico. Il 27 aprile 2023 la premier Giorgia Meloni sta sfoderando il suo perfetto inglese, nell’appartamento di Downing Street 10 a Londra nella storica casa del premier inglese, in questo caso Rishi Sunak, che è di origine indiana. Colloqui importanti, in un clima di grande amicizia e collaborazione, dopo un incontro tra abbracci e baci.


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La Meloni sembra toccare il settimo cielo, ma nello steso tempo a Roma, alla Camera dei deputati, si sta approvando il Def, il Documento di economia e finanza che delinea lo scenario futuro, e che richiede la maggioranza assoluta per approvare uno scostamento di bilancio e aumentare il deficit.

Il voto sembra scontato data l’ampiezza della maggioranza di governo, ma quando il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, legge il risultato, il mento gli tocca l’esofago: mancano sette voti. Devono passare una manciata di minuti perché anche l’opposizione comprenda quello che è accaduto e si metta ad applaudire freneticamente. È una scena para-comica che induce alla malinconia.

Naturalmente si scatena il putiferio e si farnetica su segnali di complotto imminente o di “avvisi politici”. A Londra, la Meloni si imbufalisce e forse avrebbe pure voglia di picchiare il leader inglese di origine indiana. Ma quello che più si nota è l’esplosione mediatica, con una tifoseria che non si vede neppure negli stadi calcistici. È una tipica scena da Le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni, il cui vero titolo doveva essere le “baruffe italiane”.

A questo punto la figuraccia del centrodestra alla Camera, dovuta a chi non è andato in Parlamento scegliendo i lunghi week end di questa settimana, oppure altri appuntamenti, alcuni dicono anche il gabinetto, scatena la corsa al cosiddetto “scoop” giornalistico del giorno dopo. Infatti c’è un’altra notizia che lascia di sasso e viene dal nostro “celebre” ordine o potere giudiziario italiano.

Che cosa è successo? C’è praticamente una generazione di giovani, più una sterminata platea soprattutto di sinistra, che ritiene che ci sia stata da molto tempo una trattativa tra organi dello Stato e la mafia. Il 27 aprile 2023 arriva invece come un botto la sentenza della sesta sezione della Cassazione che assolve definitivamente il generale Mario Mori, il generale Antonio Subranni, il tenente colonnello Giuseppe De Donno, tutti dei Ros dei carabinieri. Ma attenzione: la Cassazione assolve anche con formula piena l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, perché il fatto non costituisce reato.

Facciamo un attimo i conti per rinfrescare la memoria italica sempre molto labile. Si comincia a parlare della trattativa Stato-mafia dopo l’assassinio del democristiano Salvo Lima avvenuto il 12 marzo 1992. Poi la questione prende piede dopo il massacro di Capaci e l’uccisione di Paolo Borsellino a Palermo in via D’Amelio, fino agli attentati di Milano e Firenze del 1992-1993.

Il 27 maggio 2013 comincia quindi il processo relativo alla trattativa Stato-mafia, che si conclude con la sentenza pronunciata il 20 aprile 2018, dove vengono condannati a 12 anni di carcere Mori, Subranni e Dell’Utri.

Arriva il colpo di scena nel processo di appello cominciato nell’aprile 2019. Il 23 settembre dello stesso anno, Mori, Subranni e De Donno vengono assolti “perché il fatto non costituisce reato”, ma viene assolto anche Marcello Dell’Utri “per non avere commesso il fatto”. È un clamoroso capovolgimento che rimette tutto in discussione e lascia spazio anche a mille illazioni per una telefonata, intercettata, che coinvolge l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il democristiano Calogero Mannino.

A ben vedere è una delle tante vicende italiane che lasciano spazio a mille illazioni e dove non si riesca mai a comprendere bene la verità per una serie di ricostruzioni di parte che sono tipiche degli isterici, tanto per ritornare al discorso sulla psicologia nazionale.

Ma l’autentico e nuovo colpo di scena, come si diceva, avviene il 27 aprile, con la Meloni furente, la Camera e la maggioranza di centrodestra in “brache di tela” e la sesta sezione della Cassazione che stabilisce che la “trattativa non c’è mai stata” e viene ampliata la ragione dell’assoluzione degli imputati per tutti, perché il fatto non sussiste.

Già. “Il fatto”. È il titolo di un libro di una grande giurista italiano, Giacomo Delitala, ma ormai non si può più leggere, perché il libro non si trova più neppure nelle biblioteche pubbliche. E poi gli isterici devono prescindere dai fatti.

Ma a parte queste considerazioni, si resta allibiti di fronte a fatti che aspettano un giudizio da trent’anni e tutto si rovescia dimenticando sofferenze da un lato e magari promozioni e avanzamenti di carriera dall’altro. Naturalmente il “caso Tortora” non ha insegnato nulla.

C’è infine da registrare il fattore “scoop immaginifico” nel “Paese isterico”, dove l’informazione gioca un ruolo determinante: i giornali di destra preferiscono parlare della sentenza che ribalta un vecchio teorema giudiziario, quelli che fanno il tifo a sinistra si concentrano sulla figuraccia del Governo.

Il “Paese isterico” si interroga anche su tutto questo e una ex direttrice del Tg3 afferma in una trasmissione che, tutto sommato, rispetto al 1992, il Paese è migliorato. Quindi preferisce, tra mille contraddizioni che lei stessa dice, questa classe dirigente a quella dell’ultima repubblica dei partiti, cioè quella che si concluse con il 1992.

Forse, in casi come questi, si va oltre la nevrosi e l’isteria. Si arriva al delirio.

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