La ricostruzione del delitto di Cogne, chi ha ucciso Samuele Lorenzi il 30 gennaio 2002? Le prove che hanno portato alla condanna di Annamaria Franzoni
Il delitto di Cogne è stato tra i casi di cronaca che più hanno colto l’attenzione mediatica, non solo per la dinamica misteriosa della morte di Samuele Lorenzi, un bimbo di soli tre anni, ma soprattutto per il processo successivo ad Annamaria Franzoni e le indagini per omicidio che sono state a lungo al centro del dibattito pubblico. Della vicenda, 23 anni dopo, tornerà ad occuparsi il programma tv condotto da Stefano Nazzi “Il Caso” che ricostruirà la storia attraverso l’analisi di fatti e protagonisti, senza tralasciare i misteri ancora da chiarire che sembrano essere molti. L’inchiesta infatti, partì fin da subito nella direzione dell’accusa nei confronti della mamma del piccolo, che per prima chiamò i soccorsi dicendo che suo figlio stava male e dichiarandosi da subito estranea a qualsiasi violenza.
Le perizie stabilirono poi effettivamente, non solo che la morte fu provocata da un oggetto appuntito mai ritrovato, ma soprattutto la sua colpevolezza. Furono principalmente le tracce di sangue trovate sul pigiama e sulle ciabatte della donna, insieme ad una versione dei fatti ritenuta poco credibile, a portare alla sentenza di condanna dalla quale però ancora oggi manca un punto chiave che è il movente.

Delitto di Cogne, la morte di Samuele Lorenzi, la condanna di Annamaria Franzoni e le ipotesi sul movente
La mattina del 30 gennaio 2022, Annamaria Franzoni chiama l’ambulanza dicendo che suo figlio di tre anni Samuele Lorenzi aveva vomitato sangue. I sanitari arrivati all’interno della villetta di Cogne stabiliscono che il piccolo è deceduto in seguito ad una emorragia causata da numerosi colpi alla testa, provocati da un oggetto contundente. Da subito la donna si dichiara innocente affermando di aver trovato il bambino così al rientro a casa dopo aver accompagnato l’altro figlio a scuola, ma le indagini della scientifica, dopo aver cercato un possibile colpevole esterno, si concentrarono proprio sulle tracce rinvenute sugli abiti per arrivare alla conclusione che fosse stata effettivamente lei ad uccidere il bimbo, presumibilmente in preda ad un attacco di nevrosi isterica, forse in reazione ad un capriccio, poi attribuito alla depressione post partum mai curata.
Tuttavia nel corso del processo, che fu lungo e complesso, i giudici non riuscirono mai a stabilire con esattezza quale fu il reale movente nè fu mai trovata l’arma del delitto. Annamaria Franzoni nonsostante la condanna per omicidio, già scontata dopo 16 anni di reclusione ridotti a 11 grazie all’indulto e alla buona condotta, non ha mai confessato e si è sempre dichiarata innocente.
