Marchetto parla a Quarto Grado tornando sui fatti di Garlasco e sembra togliersi qualche sassolino dalle scarpe: le sue parole

Quarto Grado è tornato a parlare con l’ex maresciallo dei carabinieri di Garlasco, Francesco Marchetto, figura fra le più controverse in merito alla vecchia indagine su Chiara Poggi. “Sono arrivato nella casa in via Pascoli poco prima delle 17:00 – esordisce parlando ai microfoni di Quarto Grado – sono arrivato, ho infilato i calzari, mi sono messo le mani in tasca perchè non c’erano i guanti, ho fatto un mezzo sopralluogo per vedere lo stato dei fatti poi ho preso e sono andato via”.



Marchetto ha poi risposto alle “accuse” del carabiniere Pennini della compagnia di Vigevano, che più volte ha ricordato che Marchetto sbagliò in qualche modo a mostrare le foto ad Alberto Stasi del cadavere di Chiara Poggi: “Io sono contento che Pennini a distanza di 18 anni si ricorda ancora la foto che è stata mostrata a Stasi. Io mi ricordo che nella foto mostrata si vedeva il viso altrimenti non avremmo potuto contestare quel particolare”, riferendosi al fatto che Stasi disse di aver visto il viso di Chiara Poggi pallido quando in realtà era una maschera di sangue, dichiarazioni che ha portato alla condanna dello stesso Stasi, insieme ad altri indizi.



Si parla poi della famosa bici di Alberto Stasi: “Non ho sequestrato la bici di Stasi – sottolinea Marchetto – perchè sono andata a vederla con in mano il verbale della Bermani, e non corrispondeva per un paio di particolari che io ho menzionato nella relazione giudiziaria”. Quindi aggiunge: “E’ ovviamente colpa di Marchetto ma perchè il giorno 25 nessuno ha alzato il c*lo della sedia ed è andato a rivedere sulla base delle nuove dichiarazioni della Bermani la bici nera?”.

DELITTO DI GARLASCO, MARCHETTO E LA FAMOSA BICI

Sul fatto che a suo modo di vedere bisognava attenzionare maggiormente la famiglia Cappa, spiega: “La Stefania Cappa dice di avere una bici nera da donna ma qui non c’è alcuna annotazione. Io ho chiesto di indirizzare e approfondire le indagini sulle Cappa nei primi 20 giorni ma mi è stato risposto, ‘no quagliò quelle tengono l’alibi’”. Poi spiega: “Col senno di poi, tornassi indietro la bici me la metterei in ordine sotto il letto e in secondo luogo non parlerei più con l’avvocato Tizzoni vedendo quello che mi è successo”.



Un’altra cosa che gli contestato è l’allarme del magazzino di Stasi: “Non ho citato la presenza dell’allarme perchè non siamo amici al bar, se uno me lo chiede per iscritto io avrei risposto per iscritto. Se fosse stata una risposta io avrei scritto, a richiesta del mio comandante di compagnia, mi recavo presso il magazzino di Stasi Nicola e accertavo che… ma non è stato così, non mi ricordo di averlo fatto in questo modo”.

Ma perchè c’è così tanto astio con i suoi ex colleghi? “Bisognerebbe chiederlo a loro – replica Marchetto – io posso portare termini di paragone, come mai il capitano Cassese aveva detto ai carabinieri di Garlasco che ogni volta che mi vedevano in giro dovevano fare delle annotazioni di servizio e di recapitarle a lui? Lui lo sa, io non lo so, il brigadiere Pennini? All’epoca c’erano due carri, quello dei vincitori e quello dei giusti, lui ha scelto di andare su quello dei vincitori e non è un problema mio”.

Garlasco, Pennini e Cassese (Foto: Quarto Grado)

DELITTO DI GARLASCO, CASSESE REPLICA A MARCHETTO

In studio a Quarto Grado vi sono proprio Cassese e Pennini, che indagarono su Garlasco nel 2007. “Sulla bici di Stasi è una relazione che ha fatto lui – spiega Cassese – ha detto che era andato al magazzino con il papà di Stasi e di esserci andato con un mezzo privato con i vetri oscurati per far si che non lo vedessero i giornalisti. Ha fatto quella relazione, la bici non corrispondeva e non l’ha sequestrata. Sull’allarme dice la relazione andava fatto solo se ci fosse stata la richiesta di un comandante, significherebbe che l’ordine verbale dovremmo cestinarlo”.

Quindi ha continuato: “Lui non riferisce che per entrare nel negozio di Stasi – e c’è una perizia – l’allarme era disattivabile solo ed esclusivamente con un codice da digitare sulla tastiera all’ingresso dell’esercizio, non si poteva disattivare con un telecomando, quindi presumo che lui avesse già cognizione che quel negozio era allarmato: quell’allarme comunicatoci la mattina del 14 ci avrebbe permesso di capire se fosse stato attivato o disattivato la giornata del 13. Sulla bici nera della Cappa. se la memoria non mi inganna gli accertamenti sugli alibi della famiglia Cappa, soprattutto sulla famosa mamma, li ha fatti il signor Marchetto. Marchetto è andato in tabaccheria, in farmacia, ha visto il vivaista, ha fatto lui tutta quella parte, poi gli atti sono stati trasmessi e abbiamo iniziato a sentire le persone”.