Delitto di Garlasco, la ricostruzione alternativa di Enrico Manieri: su un portavaso potrebbero esserci le tracce del killer. Le altre anomalie
LA DINAMICA DEL DELITTO DI GARLASCO SECONDO ENRICO MANIERI
C’è una nuova ipotesi sull’arma del delitto di Garlasco, che non è mai stata individuata in 18 anni. A proporla è l’esperto di balistica e criminologia Enrico Manieri, che ritiene possa essere coinvolto un portavaso in ferro battuto nell’omicidio di Chiara Poggi. Si tratta di un oggetto visibile in alcune foto della scena del crimine. Manieri ha elaborato questa ipotesi analizzando le ferite della vittima, sulla base del referto autoptico, per sostenere che le ferite sulla nuca siano il risultato di un urto e che quelle su viso e tempia siano più da taglio o da abrasione.
Visto che nessuna ferita evidenzia fratture o danni da impatto diretto, per Manieri ciò significa che la vittima aveva già la faccia appoggiata su un oggetto tagliente, come un vaso di ferro, quando veniva colpita alla nuca. Dunque, quel portavaso potrebbe non essere l’arma del delitto, ma «potrebbero esserci le impronte digitali dell’aggressore o addirittura del materiale genetico».
Per quanto riguarda la ferita alla coscia, essa non è compatibile con le famose “scarpe a pallini”, ma con un calcio sferrato con una suola o un tacco. Ciò potrebbe suggerire la presenza di un’altra persona sulla scena del delitto di Garlasco. Alla luce di tutto ciò, per Enrico Manieri la ragazza avrebbe ricevuto un calcio, cadendo in ginocchio e facendo cadere il portavaso, sul quale sarebbe finita con la faccia.

Stando alla ricostruzione della possibile dinamica dell’omicidio, Chiara Poggi sarebbe stata colpita più volte alla nuca. L’assassino l’avrebbe tenuta ferma premendole un ginocchio sulla schiena, provocando un enfisema polmonare, segnalato nell’autopsia.
DALLE MACCHIE ALLE IMPRONTE: LE ANOMALIE
Recentemente, Enrico Manieri è intervenuto sul canale YouTube di Gianluca Zanella, “Darkside”, spiegando alcune anomalie che ha riscontrato. Ad esempio, la scarsa presenza di sangue sulla scena del crimine: «Per il tipo di ferite che la vittima ha riportato era lecito attendersi effetti di gran lunga superiori a quelli che si vedono». Ci si aspettava anche gocce di sangue sul soffitto: «Qui siamo in uno spazio chiuso – pareti, soffitto, pavimento – e abbiamo tracce al massimo a un’altezza di 60-70 cm sulle pareti, non oltre».
Dunque, l’esperto contesta anche la ricostruzione del delitto emersa dalle carte e non crede neppure che il corpo sia stato gettato sulle scale, ma che vi sia caduto. Chi stava trasportando il corpo, secondo Manieri, lo teneva per le ascelle, ma, all’altezza della curva delle scale, sollevando il piede destro, l’assassino avrebbe perso l’equilibrio, trovandosi costretto a lasciare il corpo per non ruzzolare.
«E lui, per non cadere, è costretto ad appoggiare la mano destra sulla parete – impronta 33 – la mano sinistra – impronta 97F – dalla parte opposta, e probabilmente il piede destro va a cercare un appoggio che non trova, lasciando la strisciata su quell’impronta dove c’è la traccia 44, quella che il consulente Marzio Capra definisce l’impronta di una gomma di bicicletta».
IL TELEFONO NELLA VILLETTA E LE TRACCE MICROSCOPICHE
Ma Manieri non esclude nemmeno che, in virtù delle lesioni riportate da Chiara Poggi, la morte non sia stata istantanea: «La morte fisica di Chiara potrebbe anche essere differita di un’ora rispetto al momento dell’aggressione».
Manieri ha anche analizzato la macchia di sangue sul telefono, concludendo che la cornetta era staccata. Non può stabilire se ciò sia avvenuto per un gesto volontario o meno. Tuttavia, il motivo per cui ritiene che non ci sia un solo assassino, ma che nel delitto di Garlasco siano coinvolte più persone, è la presenza di più impronte.
Sempre a proposito di ferite, furono trovate tracce microscopiche di metalli, e Manieri suggerisce di approfondire la questione per capire la natura dell’arma.
