Delitto di Garlasco, avvocato Tizzoni (legale dei Poggi) a Filorosso su Ignoto 3 ("Un'impresa scoprire chi è"), l'indagine della Procura e Alberto Stasi...

La famiglia di Chiara Poggi non sostiene la colpevolezza di Alberto Stasi: lo fa lo Stato italiano con le sentenze passate in giudicato. A precisarlo è l’avvocato Gianluigi Tizzoni, intervenuto in collegamento a Filorosso per fare il punto sulle novità emerse dalla nuova indagine sul delitto di Garlasco. «Il dato di oggi è importante» è la sua premessa; d’altra parte, segnala che il DNA non è stato trovato nel cavo orale della vittima, ma su una garza, «su un pezzo di stoffa sostanzialmente utilizzato dal medico legale per fare questo tipo di prelievo».



Un particolare di non poco conto, perché per il legale è «un reperto contaminato involontariamente», nel quale il materiale relativo a Ignoto 3 è «veramente minimale». Comunque, sono in corso delle verifiche da parte della genetista forense Denise Albani, che, ad esempio, ha chiesto chiarimenti al medico legale che si occupò all’epoca degli esami.



Giornalisti e cameraman all’ingresso della Questura di Milano per l’inizio dell’incidente probatorio per il delitto di Garlasco (Foto 2025 ANSA/MOURAD BALTI TOUATI)

Per quanto riguarda la reazione dei suoi clienti, Tizzoni spiega che la famiglia Poggi «ormai è abituata» a notizie che sembrano poter riscrivere la storia del delitto di Garlasco. Il legale smentisce che i suoi clienti siano contrari all’indagine: «Semplicemente si fa un po’ fatica a seguire questo percorso della Procura di Pavia».

DELITTO DI GARLASCO, I DUBBI SULLA NUOVA INDAGINE

Non resta che aspettare l’esito delle indagini per tirare le somme: «Però, obiettivamente, dal punto di vista della famiglia Poggi, ma anche mio, la direzione non è assolutamente chiara». Per Tizzoni l’unico dato certo che è emerso è il DNA di Alberto Stasi sull’Estathé. «Ovviamente aspettiamo, la polizia scientifica deve giustamente completare il proprio lavoro; la procura poi depositerà l’esito delle proprie indagini e allora riusciremo a capire».



Il legale della famiglia Poggi si sofferma anche sulla vicenda della foto dell’autopsia che ha spinto il Garante per la privacy a intervenire, spiegando che la riapertura dell’indagine «ha risvegliato interessi e attenzioni, anche legittimamente»; d’altra parte, la famiglia «ha subito molti attacchi che non hanno motivo di esistere». Il problema, per Tizzoni, è che i dati non vanno esasperati.

In merito alla ricostruzione del delitto di Garlasco, Tizzoni ribadisce di non nutrire dubbi: «Immaginare due persone che, con quel dispiegamento di sangue, siano riuscite ad attraversare, a muovere quella scena e una sola invece abbia lasciato le impronte della scarpa pallini, e l’altra no…». Sono le parole del legale dei Poggi, secondo cui anche i giudici che hanno assolto Stasi erano convinti che ci fosse un solo assassino: «Non c’è proprio traccia della presenza di più di una persona su quella».

LE CRITICHE A VITELLI E LA COLPEVOLEZZA DI STASI

In ogni caso, la famiglia Poggi è aperta a qualsiasi accertamento, anche per quanto riguarda Ignoto 3: «Sicuramente sarà un’impresa titanica». Ma Tizzoni critica anche l’operato del giudice Vitelli, colui che assolse Stasi: per il legale aveva il potere di disporre ulteriori indagini e acquisire prove, ma non lo fece in modo completo. Ad esempio, non acquisì la bicicletta nera, che era stata indicata come potenzialmente importante, nonostante fosse facile da reperire e la difesa fosse d’accordo. Anche la ricostruzione della camminata fu fatta in un set ricostruito, non nella vera casa dei Poggi, con dettagli alterati; quindi il test risultò poco attendibile.

In merito all’assoluzione di Stasi, Tizzoni ha ricordato che Vitelli non giudicò sufficiente come prova l’impronta sul dispenser e non venne ritenuto collegato al delitto di Garlasco il DNA di Chiara Poggi sui pedali della bici, perché diversa da quella vista da una testimone. Inoltre, ci si basò su una testimonianza poi ritenuta falsa, quella del maresciallo Marchetto. Tizzoni ricorda che la Cassazione annullò la sentenza, perché si accorse di questi errori e impose un nuovo processo (appello bis), per il quale vennero fatte nuove perizie, nuovi testimoni e, alla fine, si arrivò a una diversa valutazione dei fatti.

Per quanto riguarda il movente, Tizzoni ricorda che non credeva alla teoria del materiale pedopornografico, perché era stato cancellato mesi prima. Nella sentenza, invece, si parla di un delitto d’impeto nato da tensioni nella relazione tra Chiara e Stasi. Invece, non ci sono altri elementi per seguire altre piste investigative. «Sono un po’ delle forzature che, dal nostro punto di vista, si fa fatica a comprendere. Anche per differenza di età, di frequentazioni, sono ambienti diversi e faccio veramente fatica a immaginare un concorso tra persone che non hanno nulla in comune», conclude Tizzoni.