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Home » Cronaca » Cronaca Nera » Delitto di Garlasco, Vitelli “Omicidio Chiara come un libro giallo”/ “Alberto Stasi non l’ha uccisa”

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Delitto di Garlasco, Vitelli “Omicidio Chiara come un libro giallo”/ “Alberto Stasi non l’ha uccisa”

Davide Giancristofaro Alberti
Pubblicato 18 Ottobre 2025
Garlasco, Vitelli (Foto: Ignoto X)

Garlasco, Vitelli (Foto: Ignoto X)

A Ignoto X vi era il giudice Vitelli, il magistrato che assolse in primo grado Alberto Stasi per il giallo di Garlasco: ecco le sue nuove parole

Lunga e interessante intervista sul caso Garlasco da parte del giudice Vitelli a Ignoto X. In collegamento con il talk di La7 condotto da Pino Rinaldi vi era il magistrato che assolse Alberto Stasi in primo grado.

«Perché la gente è interessata a questa storia in maniera così forte? Perché ci sono giudizi contrastanti. Garlasco è un caso peculiare, davvero difficile, con tratti di mistero che sono le ragioni, unitamente anche a delle criticità istruttorie – da un lato – e degli esiti contrastanti, assoluzioni e condanne, dall’altro. Bisogna arrivare a un punto, e il punto che prevede l’ordinamento è dato dalla decisione della Cassazione, che è un punto che va rispettato nella forma e nella sostanza. Ma, dall’altro lato, questa ambiguità, questo mistero, questo eccezionale caso di questa povera ragazza morta il 13 agosto, che sembrava un caso di omicidio lineare, in realtà ha presentato fin da subito anomalie: è materia di interesse più che di curiosità». E ancora: «Io ho degli amici che sono grandi lettori di libri gialli e mi dicono che una storia del genere non si legge nemmeno nei migliori libri gialli, e purtroppo questa è la verità: sembra una trama difficilissima e affascinante di un giallo. Quindi, da un lato, spiega il fascino che ha per molti e, dall’altro, spiega, da un punto di vista più tecnico, una delle ragioni per cui si sono avuti nel corso degli anni esiti contrastanti a livello di decisioni».


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Quindi il giudice Vitelli è tornato sul perché dell’assoluzione a Stasi: «Non era ragionevole che fosse l’assassino. Io mi sono fermato prima e mi fermo anche adesso alla questione tecnica dell’insufficienza del materiale complessivo per arrivare ad affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, la colpevolezza di Stasi». Si è quindi parlato dell’alibi informatico e della tempistica dell’omicidio che, secondo il giudice Vitelli, sono «l’alibi centrale ed è esemplificativo di quello che dicevo prima: questa specificità e peculiarità del processo a carico di Stasi, che poi si riversa in rispettabilissime valutazioni fra chi lo ha assolto, come il sottoscritto, e chi lo ha condannato».


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DELITTO DI GARLASCO, VITELLI E LA FINESTRA TEMPORALE

Vitelli ha continuato: «La finestra temporale non è di tre minuti, che sarebbe stata a favore di Stasi, ma non era nemmeno di cinquanta minuti o un’ora, che era molto compatibile con l’ipotesi accusatoria: era di ventitré minuti, che era di problematica compatibilità. Quindi non esclude sicuramente dalla scena dell’omicidio Stasi, però, a mio avviso – e questa è la mia valutazione di cui sono profondamente convinto – è una sacca in cui si insinua il ragionevole dubbio. E questo perché l’omicidio a danno di Chiara Poggi non si è risolto con un colpo di pistola: è stata una dinamica particolarmente cruenta».


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Ha continuato: «La mia relazione dei RIS metteva in evidenza la formazione di due grosse macchie ematiche e di una dinamica che ha richiesto un certo lasso temporale, e poi c’era un’altra questione, una delle quali legata al movente, che si collega al problema dell’alibi». Quindi ha argomentato: «Se la finestra temporale è così ristretta, sarebbe importante avere provato – e ci hanno provato – a provare l’alibi, una ragione forte di litigio scaturita la sera prima, perché spiegherebbe logicamente il tutto. Tipo: Chiara scopre che Stasi frequenta siti dubbi, scoppia un litigio, di notte Stasi ci pensa su e la mattina dopo va da Chiara e inizia subito l’azione violenta; quindi dai ventitré minuti toglieremmo la parte del litigio, e invece il movente non è stato provato».

DELITTO DI GARLASCO, VITELLI E LA MANCANZA DI MOVENTE

E ancora: «Questa è un’ipotesi accusatoria che non ha la prova del movente né nella sera prima, né nei giorni prima, né nella mattinata. Questi ventitré minuti sono un po’ pochi e, se letti con la questione del movente, sono un forte avviso che alimenta il fuoco del ragionevole dubbio». Vitelli ha continuato: «Vedremo la nuova relazione dei RIS di Cagliari che è stata fatta, cosa dirà. Ma io aggiungo una cosa che si collega al fatto che Stasi non sarebbe più entrato in casa e racconterebbe la scena fingendo di essere entrato all’1:40. Viene detto che l’aggressore getta il corpo di Chiara, che poi scivola lentamente verso la fine della scala.

Quindi, se Stasi non è più entrato nell’abitazione e aveva pochi minuti a disposizione, visto che avrebbe fatto tutto in ventitré minuti, mettendoci anche il tragitto in bici da casa della vittima a casa sua, ci si aspetterebbe che Stasi descriva il corpo di Chiara all’inizio della scala, e invece lo colloca in fondo alla scala. Quindi è un profilo di criticità poco coerente con l’assunto accusatorio secondo cui Stasi non sarebbe più entrato: sembra infatti che Stasi indichi la posizione finale, per cui ci è voluto un certo lasso temporale, perché lo scivolamento è stato lento. Vede come è centrale la questione dei ventitré minuti? Inizia a irradiare una serie di dubbi e criticità su cui, a mio avviso, si fonda questo ragionevole dubbio».

Garlasco, Vitelli (Foto: Ignoto X)

DELITTO DI GARLASCO, VITELLI E LA FAMOSA BICI DI STASI

Vitelli ha continuato: «Un’altra delle ragioni per cui, da un lato, è oggetto di fascino questo processo, e che spiega il fisiologico contrasto nelle decisioni, è quella della bici. Tu hai un tassello del DNA su uno dei due pedali della bici Umberto Dei di Stasi, che lui usava e portata dalla pubblica accusa. Hai una testimone che è attendibile e ti aspetti che la testimone descriva la bici e che i due tasselli si incastrino assieme, e invece no: non si incastrano in maniera clamorosa, perché la Bermani riferisce di una bici completamente diversa. E pensare che Stasi abbia usato un’altra bici – a parte che il DNA era sul pedale di quella bici – diventava barocco, difficile da pensare, illogico; peraltro si riponeva la macroquestione dei ventitré minuti».

Vitelli ricorda: «Io decisi di sentire nel contraddittorio il comandante dei carabinieri di Garlasco, Marchetto, e lui confermò la questione della bici, che si trovava nell’officina del padre, che aveva l’antifurto e Alberto non lo conosceva. Mi dava l’impressione di due tasselli che ci si aspetta che si incastrino e allora cerchi di forzarli: ti chiedi come mai non entrano insieme, ma, a mio avviso, bisognava fermarsi; se i due tasselli non collimano, il giudice si deve fermare. Peraltro c’erano anche tutti gli altri dubbi e io non riuscivo a trovare la soluzione che spiegava». Quindi il magistrato Vitelli ha concluso: «Il giudice, per condannare, deve poter vedere chiaramente il fondale marino. Se l’acqua è limacciosa per mille ragioni, il problema non è capire perché l’acqua è così, ma bisogna capire l’effetto: non riesci a vedere chiaramente il fondale e, se non lo vedi, devi assolvere».

Tags: Delitto Di GarlascoAlberto Stasi

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