L'uccisione di Kirk ha oscurato l'11 Settembre, ma ha posto un problema agi americani: c’è bisogno di un cambio radicale di direzione
MINNEAPOLIS – L’uccisione di Charlie Kirk ci ha costretti a guardare l’11 Settembre in maniera diversa. Non ne ha oscurata la memoria. Per quanto il tempo continui inesorabilmente a limarla, la memoria di quella giornata non sarà mai persa. Però l’assassinio di Kirk ha esposto le urgenze del presente rispetto al dolore del passato. Volevo scrivere qualcosa delle Twin Towers come ho sempre fatto in questi ventiquattro anni. Puntualmente, ogni 11 Settembre. Scrivendo si ricorda meglio e si capisce qualcosa di più. Avevo cominciato, buttato giù uno spunto, e poi è arrivato l’eco di quello sparo ad Orem, Utah.
Così il pensiero è volato dal male che ci fanno gli altri a quello che facciamo a noi stessi, dal dolore che patiamo a quello che causiamo, dall’ingiustizia che pensiamo di aver subìto a quella che pratichiamo nella nostra vita quotidiana.
Come si fa ad uccidere un essere umano? È così che si combattono le idee diverse dalle nostre? Siamo forse diventati più barbari di tutti quei barbari che abbiamo pensato di combattere da quando questo Paese è nato? O barbari lo siamo sempre stati? Cos’è la vita umana per noi? Cosa ne è rimasto? Cosa imparano i nostri figli e nipoti nel loro cammino verso l’età adulta?
Ci vuole un cambio di direzione. Ci vuole che l’impossibile diventi possibile, ad Orem come a Gaza. Nulla è impossibile a Dio, noi possiamo solo chiedere. Ma dobbiamo farlo sul serio.
God Bless America!
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