La situazione in Venezuela è contraddistinta da un'ampia incertezza, anche perché non si sa cosa vogliano fare davvero gli Usa
E così mentre il Presidente venezuelano Maduro ha chiesto a sei regioni orientali del Paese di “organizzare una marcia permanente per le strade” per rispondere alla ripresa delle attività militari statunitensi a Trinidad e Tobago, e allo stesso tempo canta “Imagine” invocando la pace, Trump ha fatto sapere di avere le idee chiarissime su cosa fare per risolvere la crisi venezuelana, ma di voler tenere per sé il pensiero.
Allo stesso tempo il premio Nobel per la pace Corinne Machado ha dichiarato che è il momento di deporre le armi all’esercito venezuelano, visto che l’ora decisiva, secondo cui trenta milioni di cittadini si stanno ribellando contro “un regime militare che sta per cadere” sia ormai imminente.
Quello che ancora non è chiarissimo risulta essere come le due parti si muoveranno, ma i continui annunci in stile “pace e amore” del dittatore venezuelano, che però li alterna a proclami di guerra, fanno capire che il suo potere sia ormai giunto agli sgoccioli e che, con ogni probabilità, l’inizio del conflitto rimarrà sulla carta.
La soluzione più probabile è quella di offrire a Maduro di ritirarsi in un Paese amico, accompagnato dai suoi più stretti seguaci (particolarmente Diosdado Cabello, ministro della Difesa e presunto leader del narcotraffico nel Paese, nonché la “pasionaria” Delcy Rodriguez) oppure, ma la cosa è poco probabile, essere estradato e processato negli Usa.
Come abbiamo già scritto, l’eventuale nuova patria del chavismo potrebbe essere il fratello Nicaragua, territorio ideale visto che nel Paese governato da un altro dittatore (Daniel Ortega accompagnato dalla moglie) da tempo si registra la presenza di un distaccamento di truppe russe inviate da Putin alcuni anni fa, quando il regime sembrava dovesse cadere.
Il fatto che il leader russo possa ripetere la cosa in Venezuela è un’ipotesi da scartare, visto che attualmente c’è di mezzo uno scacchiere globale molto complicato e una mossa del genere potrebbe scatenare una risposta statunitense che includerebbe forniture di armi nel conflitto in Ucraina.
La Cina poi non si muoverebbe nemmeno di un passo non solo perché non interessata a sviluppare conflitti nel mondo, ma pure lì starebbe calma perché gli Usa appoggiano da sempre Taiwan, che il Dragone di Oriente vorrebbe annettersi una volta per tutte.
È ovvio che la soluzione del trasferimento in Nicaragua è quella più probabile anche perché, come giustamente afferma l’opposizione venezuelana, la gran maggioranza della popolazione è stanca di vivere una situazione economicamente e socialmente catastrofica ed è pronta ad appoggiare fortemente qualsiasi decisione che supporti la caduta del regime.
È risaputo che alti funzionari governativi Usa hanno tenuto tre riunioni alla Casa Bianca con Trump per discutere opzioni di possibili interventi militari profondi nella questione e attualmente tanto aerei F-35 che la portaerei Gerald Ford stazionano al largo delle coste caraibiche: si tratta di 75 aerei e oltre 5.000 uomini che attendono solo ordini per poter entrare in azione.
Continuano difatti le accuse di Trump, che si basano soprattutto sui legami con il traffico illegale di droga, un refrain che viene ripetuto continuamente per tenere alta la tensione, ma la ridotta operatività militare finora dimostrata (solo alcune azioni contro imbarcazioni che, secondo gli Usa, trasportavano ingenti carichi di stupefacenti) costituiscono un segnale di come non ci sia attualmente intenzione di sferrare l’attacco “finale”, cercando di risolvere la questione in maniera diplomatica e soprtatutto con la fattiva messa in opera di un’eventuale decisione accordata, visto che nel corso di questi anni gli innumerevoli accordi siglati con Maduro si sono rivelati poi una pura illusione, non avendone rispettato nemmeno uno e continuando a esercitare una dittatura mascherata da “democrazia popolare”.
La fiction quindi continua, ma la sensazione è che, per fortuna, non manchi molto alla fine della questione, visto che è stato allertato Edmundo Gonzalez Urrutia che viene considerato il prossimo Presidente venezuelano, visto che ha vinto le elezioni tenutesi nel 2024, anche se il risultato non è stato registrato dal regime chavista.
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