L’economia è la nostra compagna di viaggio quotidiana. Ed è un aforisma largamente condiviso quello che dice: “Se non ti occupi di economia, comunque l’economia si occupa di te”. Anche nei dibattiti e nelle proposte pre-elettorali i temi economici hanno un posto d’onore: che si parli di tasse (da ridurre), di pensioni (da aumentare), di debito pubblico (da tenere sotto controllo, ma è meglio non precisare come).
Eppure la cultura economica presenta a livello generale delle enormi lacune. Lo dimostrano non solo e non tanto le indagini sociologiche, ma lo dimostrano soprattutto le scelte concrete delle persone. Basti pensare che solo il 30% dei lavoratori ha aderito ai fondi di previdenza complementare, una scelta indispensabile dato che le pensioni pubbliche e obbligatorie riusciranno sempre meno a far mantenere ai futuri pensionati un livello di reddito comparabile a quello degli ultimi anni di lavoro. Senza dimenticare il fatto che gli italiani, confermandosi grandi risparmiatori, mantengono tuttavia gran parte delle loro ricchezze nei conti bancari (quando non sotto il materasso) dove vengono rosicchiati giorno dopo giorno dall’inflazione.
Ci sono tanti manuali di economia. Ce ne sono pochi che spingono ad apprezzare l’economia, che aiutano a capire che dietro quella che appare spesso come una fredda realtà di numeri e prezzi, di interessi e di poteri, c’è qualcosa di essenziale, ci sono le dimensioni di vita di ognuno di noi.
È il percorso che Luigino Bruni, fondatore della scuola di economia civile e direttore scientifico dell’evento “The Economy of Francesco“, tratteggia nei capitoli del libro L’economia che fa vivere (Messaggero, Padova 2022). Un libro in cui si intrecciano analisi e approfondimenti andando oltre le tradizionali categorie che soffocano l’economia per introdurre elementi che il pensiero corrente ha sempre di più abbandonato. La ricchezza della Bibbia, per esempio, con i temi economici che sorreggono il cammino dei protagonisti del popolo d’Israele. Così come le prospettive della fraternità, del valore dei beni relazionali, la gratitudine, la felicità.
Con una prospettiva profondamente costruttiva perché, come Bruni precisa fin dal primo capitolo, l’economia è sostanzialmente una virtù, è una soluzione e non un problema, è l’educazione a un uso corretto dei beni e al rispetto della dignità delle persone.
“C’è un estremo bisogno – scrive Bruni – di nuove ‘parole buone’ sull’economia, sui lavoratori, sulle imprese. C’è bisogno di bene-dizioni, che prendano il posto delle tante male-dizioni che si odono”.
Più che i singoli temi, che meriterebbero ciascuno un approfondimento particolare, quella che va sottolineata è la prospettiva che muove queste riflessioni: la prospettiva della ricerca e della valorizzazione di ogni persona senza le illusioni di fantomatici nuovi modelli di sviluppo. È così che il capitalismo, il mercato, il profitto non costituiscono più dei fini o dei valori in sé, ma sono soprattutto degli strumenti da utilizzare per rendere più facile e consapevole il cammino verso il bene comune.
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