DIRETTIVA GREEN SULLE CASE/ I problemi (ancora) irrisolti tra costi alti e svalutazione degli immobili

- int. Vincenzo Albanese

La direttiva Ue sulle case green farà spendere ai proprietari da 30 a 50mila euro per unità immobiliare. La soluzione non è un altro superbonus

Strasburgo Parlamento Europeo Ansa1280 640x300.jpeg La sede del Parlamento europeo di Strasburgo (Ansa)

I tempi per ridurre le emissioni sono meno stringenti rispetto alla prima stesura della direttiva. Ma l’UE ha comunque stabilito che entro il 2050 bisognerà arrivare a quota zero, motivo per cui nei prossimi 25 anni, con modalità che deciderà il governo italiano, bisognerà intervenire sulle case per garantirne l’efficientamento energetico, con un primo step che dovrebbe portare l’Italia a un calo complessivo del 16% degli inquinanti già entro il 2030. Le prime stime, spiega Enzo Albanese, presidente di FIMAA (Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari) di Milano, Monza Brianza e Lodi, pur essendo ancora approssimative, parlano di una spesa compresa fra i 30 e i 50mila euro per ogni unità immobiliare. Cifre non certo accessibili a tutti. Come si potrà sostenere allora un impegno del genere? Non con il superbonus o con incentivi simili, ma sfruttando le opportunità aperte dall’innovazione tecnologica da qui ai prossimi anni. Per il momento, tuttavia, la normativa sulle case green penalizza i proprietari di immobili di livello medio-basso, che sono anche quelli che, a occhio, hanno meno disponibilità finanziarie per affrontare lavori di efficientamento energetico.

Che scenario apre la nuova direttiva europea sulle case green, quanto graverà sulle tasche degli italiani l’efficientamento energetico richiesto per avere emissioni zero entro il 2050?

Secondo stime approssimative, ancora da verificare, siamo fra i 30 e i 50mila euro per singola unità immobiliare. La norma europea, comunque, di fatto delega gli stati ad attivarsi per trovare le soluzioni migliori. Non siamo così convinti che l’Italia prenderà la direzione auspicata dall’UE: è un provvedimento che impatta con le famiglie e la politica quando ha a che fare con il proprio elettorato fa sempre molta fatica a mettere a terra indicazioni concrete.

Per molti mettere in conto 30 o 50mila euro di spesa per la casa è un impegno gravoso: bisognerà cominciare a pensare come sostenere questa spesa?

Non è una cosa che si deve fare domani mattina, ci vorranno minimo un paio d’anni da parte del governo solo per decidere quale direzione prendere. L’Italia è il paese più difficile per fare “atterrare” una normativa del genere, specialmente per il prodotto residenziale, avendo una proprietà molto diffusa, frammentata.

Occorrerà un intervento tipo superbonus?

Mi auguro che non si faccia una scelta di questo tipo, perché guadagniamo da un lato, ma dall’altro sarebbe un salasso per la collettività. Se poi guardiamo come è stato utilizzato il 110%, Dio ce ne scampi e liberi: le case efficientate sono più o meno il 2% con una spesa che fa venire i capelli dritti.

Si può suggerire un’alternativa agli incentivi?

Quello che abbiamo suggerito alla Regione Lombardia, che si sta occupando della questione, è di cominciare a lavorare sugli immobili che hanno un’unica proprietà: ce ne sono ancora tantissimi, sia pubblici che privati, usati per uffici o per altro. È molto più facile intervenire in questo caso perché decide una sola persona.

Agire sui condomini, invece, sarà un bel problema?

È la parte più delicata, quando ho una proprietà molto frazionata bisogna mettere insieme gli interessi di tutti, possono esserci nuclei familiari meno abbienti e altri con maggiori disponibilità. Un problema che riguarderà soprattutto le grandi città, nelle quali molti condomini sono stati costruiti dagli anni ’60 in avanti.

Una delle critiche alla versione originale della direttiva era che avrebbe comportato un deprezzamento sul mercato degli immobili non efficientati. Con la versione modificata è cambiato qualcosa?

Sono stati allungati i tempi, ma il problema resta. Se l’immobile non è efficiente dal punto di vista energetico, i problemi di consumo si fanno sentire. Una banca che deve concedere un finanziamento farà molta più attenzione al pricing del finanziamento stesso: farà lo sconto a un immobile energeticamente a posto rispetto a uno che non lo è.

Quanto può incidere sul valore di un appartamento o di una casa una direttiva del genere?

Dipende anche da dove è l’immobile: se è costruito negli anni ’60 e ha una qualità medio-bassa, l’incidenza è maggiore rispetto a uno in centro storico di location top con una posizione unica. Se l’immobile è di fascia alta, anche se non efficiente dal punto di vista energetico, l’impatto della direttiva è molto minore rispetto a un edificio di livello medio-basso in periferia. In questo secondo caso, lo scotto da pagare è più serio. D’altra parte, se ho un’abitazione che dal punto di vista energetico non è il massimo, ma ho la disponibilità economica, spendere mille euro in più all’anno poco importa. Se devo fare i conti economicamente tutti i mesi, l’impatto è diverso.

Il vostro suggerimento è di iniziare con immobili che hanno un unico proprietario, ma alla fine bisognerà comunque intervenire anche sugli altri. Come ci si può arrivare senza creare difficoltà ai proprietari meno facoltosi?

Nei prossimi anni ci aspettiamo che ci sia la possibilità di utilizzare anche altri tipi di combustibili, non solo fossili. È una questione anche di ricerca, ci sono già player nazionali e internazionali che stanno lavorando in questa direzione. Ad esempio, se in una città media realizzo il teleriscaldamento, posso alimentare gli edifici in modo completamente diverso. Prendiamo Brescia, che è la città più avanti in relazione al teleriscaldamento; lì, il problema dell’efficientamento è stato risolto a monte. Negli edifici residenziali delle città, se si vuole risolvere alla radice la questione, bisogna andare in una direzione nuova. Piuttosto che impiegare 150 miliardi come è successo per il superbonus, meglio mettere a disposizione le risorse per le città che vogliono efficientare con il teleriscaldamento o sistemi simili gli edifici. L’inquinamento degli immobili è sempre più alto di quello del traffico.

La soluzione al problema, quindi, potrebbe arrivare dall’innovazione?

Pensiamo che da qui ai prossimi 5-10 anni potranno essere messi a disposizione delle persone anche altre possibilità di alimentare gli edifici. Si sta lavorando sui micro-reattori nucleari: utilizzandoli, la situazione cambierebbe completamente rispetto a oggi.

(Paolo Rossetti)

 

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