Dl Sicurezza, Piantedosi contesta relazione critica della Cassazione: "Troppo ideologica". Il parere di Dubolino, secondo cui ci sono troppi elementi strani
Sebbene non abbia ancora visionato la relazione della Cassazione sul dl Sicurezza, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, esprime dubbi sulla neutralità della posizione espressa, che giudica influenzata da orientamenti ideologici e condizionata da preconcetti di natura politica. In un’intervista rilasciata a La Stampa, il titolare del Viminale dichiara di non riuscire a individuare quali principi della Costituzione sarebbero stati effettivamente compromessi dal decreto.
Al contrario, sostiene che le disposizioni introdotte abbiano lo scopo di tutelare sia i cittadini sia le forze dell’ordine in contesti a rischio. “Mi sembra un esercizio connotato da una forte impostazione ideologica più che da considerazioni di puro diritto“.

LA REPLICA DI PIANTEDOSI ALLE CRITICHE DELLA CASSAZIONE
Secondo Piantedosi, inoltre, la verifica della conformità costituzionale dovrebbe spettare ai giudici, nell’ambito di un processo giurisdizionale, piuttosto che essere affidata a interpretazioni tecniche, come quelle contenute nel massimario della Cassazione. Diversamente, osserva, si rischierebbe di trovarsi in una nazione dove i delicati equilibri tra i poteri dello Stato risultano compromessi.
Un aspetto molto criticato del decreto Sicurezza è la norma che consente agli agenti infiltrati di guidare associazioni eversive senza rischiare sanzioni penali: i critici temono un ritorno a dinamiche oscure della storia italiana, ma Piantedosi ribadisce la fiducia assoluta nelle forze dell’ordine e nei servizi segreti che proteggono l’Italia da terrorismo ed eversione.
Per quanto riguarda la norma che consente la detenzione anche per le donne incinte o con figli minori di un anno, ritenuta dalla Cassazione in contrasto con i principi costituzionali, Piantedosi precisa che resta comunque ai giudici il compito di valutare i singoli casi, tenendo conto del bene del bambino.
DALLA PROPOSTA DI SALVINI AL PROSSIMO DECRETO
Piantedosi non si oppone alla proposta del leader della Lega, Matteo Salvini, di restringere il reato di tortura e di dotare la polizia penitenziaria di taser; anzi, ritiene che ciò significhi difendere i diritti degli agenti, visto che molti subiscono violenze durante manifestazioni o operazioni.
Alla domanda sul Pride in Ungheria e sull’assenza di esponenti del centrodestra, Piantedosi ha risposto evasivamente, dicendo di trovarsi in Irpinia a un convegno su Aldo Moro.
Nell’intervista c’è spazio anche per parlare di migranti, tema su cui il ministro rivendica la diminuzione degli sbarchi del 50% rispetto al 2023, nonostante la difficile situazione in Libia. Dunque, per Piantedosi, il modello italiano sta funzionando, nonostante una fase di “grande complessità“.
Nel frattempo, il governo sta lavorando a un nuovo decreto per regolare gli ingressi legali dei lavoratori stranieri, “soprattutto a beneficio di importanti settori della nostra economia“.
Invita invece alla prudenza in merito alle tensioni in Medio Oriente e al rischio terrorismo per l’Italia, assicurando l’efficienza delle forze dell’ordine. Infine, a proposito delle critiche per il caso Almasri, Piantedosi ribadisce di aver fatto chiarezza in Parlamento e di aver agito in nome della sicurezza nazionale.
RELAZIONE CASSAZIONE, IL PARERE DI DUBOLINO
Sulla relazione della Cassazione si è espresso anche Pietro Dubolino, presidente emerito di sezione della Corte, che in un editoriale su La Verità precisa che quel documento si sofferma solo sulle criticità costituzionali del decreto, riportando esclusivamente le opinioni contrarie espresse da università, avvocatura, magistrati associati e associazioni per i diritti umani, ignorando invece le voci favorevoli al decreto, come quella del professor Mauro Ronco.
Per Dubolino, la relazione non è equilibrata né imparziale, poiché non cerca alcuna interpretazione “salva-costituzionalità”, che invece sarebbe prassi normale e doverosa. Inoltre, la valutazione critica non è autonoma, ma riporta quelle altrui.
Viene poi ignorata la possibilità che alcune norme siano legittime e sensate, come quella che tutela penalmente chi venga privato con la forza della propria casa. Anzi, per Dubolino, alcune norme contestate sono perfettamente razionali, come quelle che aggravano le pene per chi aggredisce pubblici ufficiali impegnati in attività di sicurezza. Dunque, non si tratterebbe di “repressione del dissenso”.
