Don Backy è tornato negli studi di Storie Italiane, programma di Rai Uno in onda tutte le mattine da lunedì a venerdì. L’81enne cantautore ha esordito analizzando il periodo musicale attuale, che vede le polemiche quasi pervadere sulla musica stessa: “Sono le canzoni che devono dimostrare la qualità di chi le scrive – esordisce l’artista toscano – io penso di aver scritto delle canzoni importanti, come ad esempio “sognando” che quando la scrissi nel 1971 parlava del disagio mentale, quasi dieci anni prima della legge Basaglia”. In studio a Storie Italiane anche il giornalista Francesco Fredella, che ha incalzato Don Backy su alcune dichiarazioni di Al Bano, secondo cui Don Backy non avrebbe fatto parte del famoso Clan Celentano: “Io sono l’unico che ha fatto parte interamente per cinque anni del clan Celentano – spiega Don Backy – mentre gli altri sono usciti molto presto. Al Bano ritiene il contrario? No non ha mai fatto parte del clan, lui faceva parte della “produzione spettacoli”, se Al Bano ritiene di aver fatto parte allora io non me ne sono accorto: portasse qualche foto che lo testimonia, io gliene posso portare un vagone”.
DON BACKY: “LA MIA NUOVA CANZONE VENT’ANNI…”
In studio passa quindi l’ultimo brano di Don Backy dal titolo “Vent’anni”: “Vent’anni l’ho dedicata a chi li ha avuti quando li ho avuti io – spiega l’artista – vent’anni di scoperte, di amore, di odio, di furore, di rabbie per obiettivi che ci si proponevano e non venivano raggiunti, qualcuno ce l’ha fatta e altri no. E’ una canzone dedicata anche a chi avrà vent’anni, non ha un tempo definito. Progetti futuri? Sicuramente, un artista ha sempre qualcosa da comunicare, io non guardo se il prodotto raggiungerà o meno il successo, ovvio che sarei felice, ma non è quella la molla che stimola un autore a raccontarsi. Io sono sempre in fermento e non mi sono mai fermato. Ho scritto anche dieci libri, e sono stato il primo cantautore ad aver pubblicato un libro per la Feltrinelli nel lontano 1967. Ho scritto moltissime canzoni che purtroppo sono sconosciute ai più – conclude – perchè non avevo un sistema di distribuzione che mi supportasse”.