Nei giorni scorsi è stato presentato il Rapporto Ismea-Qualivita 2025 relativo alle produzioni DOP, IGP, STG e IG

L’economia delle DOP del nostro Paese prosegue il suo trend di crescita, raggiungendo nel 2024 un valore della produzione di 20,7 miliardi di euro di cui il 60% generato grazie all’export, a conferma del forte valore dei nostri prodotti agroalimentari sui mercati di tutto il mondo. Vino, formaggi e prodotti a base di carne sul podio con oltre il 92% della quota di mercato sul totale delle Indicazioni Geografiche.



È la fotografia contenuta nel XXIII Rapporto Ismea-Qualivita 2025 sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane DOP IGP STG e le bevande spiritose IG, presentato nei giorni scorsi a Roma alla presenza del ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.

A livello regionale, nel 2024 la Dop economy è cresciuta in quattordici regioni italiane su venti. Il Nord-Est si conferma la locomotiva dell’agroalimentare italiano con un valore aggregato di oltre 11 miliardi di euro. Le prime tre posizioni del ranking regionale sono occupate da Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, ma è quest’ultima ad avere registrato il più forte incremento rispetto al 2023: +13,2%.



Treviso, Parma, Verona, Brescia e Cuneo sono le prime 5 province italiane per fatturato della DOP Economy, ma anche in questo caso una città lombarda, Brescia, si distingue nella top five per incremento percentuale rispetto al 2023: +6,5% 897 indicazioni geografiche, che rappresentano quasi il 25% di tutte le IG registrate nel mondo (3.751) e che pongono l’Italia al primo posto assoluto a livello europeo (la seconda è la Francia con 775 IG).

Ansa

Un comparto dell’economia fatto da 184mila operatori e quasi 900.000 occupati, che contribuisce al fatturato del nostro sistema agroalimentare per il 19%. Soprattutto “un’industria” che porta la cucina italiana in giro per il mondo con un valore delle esportazioni cresciuto del 8,3% rispetto al 2023 e del 24% rispetto al 2020. Con gli Usa che rimangono il primo mercato di destinazione con oltre un quinto delle esportazioni italiane (22%), seguiti da Germania (15%), Regno Unito (poco sopra l’8%), Francia (poco sotto l’8%) e Canada (4%).



Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, Mozzarella di bufala e Gorgonzola i prodotti più amati da italiani e non, ma anche Aceto Balsamico di Modena, Bresaola della Valtellina e Terre di Bari nella classifica dei primi 15 prodotti per valore della produzione. L’export è fondamentale per questo comparto dell’agricoltura, con un valore aggiunto del 20% superiore a quello generato sul mercato domestico. Dunque, si produce più ricchezza se si vende all’estero. E se si è sempre attenti ai competitor.

È di pochi giorni fa infatti la notizia che gli Stati Uniti hanno firmato un accordo con la Cambogia che vieta a quest’ultima l’introduzione delle Indicazioni geografiche nel proprio Paese. O la notizia che la Cina miri a diventare il Paese dei cibi di lusso. O la Turchia che ha presentato 200 richieste di certificazione Ue per prodotti DOP e IGP.

Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, ha sottolineato come “i risultati della Dop economy confermano, ancora una volta, la forza e l’unicità del nostro sistema agroalimentare. Le Indicazioni Geografiche garantiscono una protezione del saper fare e vedono l’Italia leader mondiale nel numero di prodotti”.

Leadership che il Ministro si augura possa essere riconosciuta il prossimo 10 dicembre a New Delhi quando l’Unesco dovrà decidere se riconoscere la cucina italiana patrimonio culturale dell’umanità.

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