DOPO I VACCINI/ E se mettessimo Figliuolo a controllare il reddito di cittadinanza?

- Luigi Fabbris

Le vaccinazioni corrono, i dati della pandemia sono al minimo. Ora bisognerebbe pensare ad affrontare le altre priorità con la stessa “logica Figliuolo”

bollettino vaccini Il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario Covid (LaPresse)

Iniziamo una serie di riflessioni sull’Italia che vorremmo. Si tratta di aspirazioni che abbiamo da sempre, ma la fine dell’emergenza ci spinge a riproporli con vigore, anche perché vari indizi recenti ci inducono a credere che, quando gli italiani vogliono, possono ottenere qualsiasi risultato.

Un indizio è certamente quello delle vaccinazioni. Non siamo stati noi a dimostrare che il vaccino è la sola terapia preventiva contro il virus. Tuttavia, dopo un inizio incerto, stiamo per diventare uno dei primi paesi al mondo per quota di popolazione vaccinata, con esiti notevoli in termini di calo dei contagi e degli effetti sanitari del contagio. La rapida scalata di posizioni dell’Italia per quanto riguarda i vaccini è percepibile dall’analisi della Figura 1, nella quale sono riportati i tassi di prime inoculazioni nei paesi con oltre 10 milioni di abitanti maggiormente impegnati nella lotta al virus, oltre ad Israele che di milioni di abitanti ne ha nove, ma è stato il primo esempio di come sia possibile coinvolgere un’intera popolazione nella realizzazione di un piano dall’alto valore sociale.

Figura 1. Percentuale di popolazione a cui è stata inoculata almeno una dose di vaccino anti-Covid nei paesi con almeno 10 milioni di abitanti, al 20 giugno 2021

L’Italia, che nella vaccinazione stava procedendo con passo cadenzato simile a quello degli altri paesi europei, da un paio di settimane ha avviato un’accelerazione che l’ha portata a superare (con il 52%) la Germania e, tra circa una settimana, potrebbe superare sullo slancio gli Stati Uniti e forse pure il Belgio, diventando così il quarto paese al mondo per proporzione di prime dosi. In tal caso, nettamente più avanti di noi (tra i paesi di una certa dimensione) ci sarebbero solo il Canada (67%), il Regno Unito (64%) e il Cile (64%).

Diamo un’occhiata ai dati di Canada e Regno Unito per capire cosa riescono a fare gli altri. Da marzo 2021, in concomitanza con l’inizio della terza grande ondata, il Canada ha iniziato la propria vaccinazione di massa, registrando subito alte percentuali di prime dosi che lo hanno portato in meno di tre mesi al primo posto nel mondo per proporzione di vaccinati. Da qualche giorno, tuttavia, anche il Canada manifesta quel rallentamento che si nota quando le percentuali di inoculati sono prossime al massimo sostenibile. In ogni caso, i contagi e la mortalità in Canada sono in netto regresso, anche se non sono annullati.

Il Regno Unito, che aveva iniziato le vaccinazioni di massa appena dopo Israele, in aprile si era come assopito, procedendo per inerzia, ed è ripartito con intensità solo in giugno, probabilmente dopo aver notato la ripresa dei contagi per la cosiddetta variante indiana del virus (Figura 2). Dalla Figura 3 notiamo, tuttavia, che il contagio causato da questa variante non comporta nuova mortalità. Possiamo ipotizzare che i nuovi contagi siano meno letali dei precedenti, oppure, anche, che il sistema di contract tracing britannico si sia dato particolarmente da fare per tenere sul chi vive la popolazione. Può però darsi che si tratti dell’ennesimo caso di tortura dei dati: gli statistici sanno, infatti, che, se torturi abbastanza a lungo i dati, questi confesseranno qualsiasi cosa.

Figura 2. Nuovi contagi da Covid-19 nel Regno Unito fino al 20 giugno 2021 (Fonte: Johns Hopkins University – CSSE)

Figura 3. Morti da Covid-19 nel Regno Unito fino al 20 giugno 2021 (Fonte: Johns Hopkins University – CSSE)

In Italia, persino il Comitato tecnico-scientifico e la Fondazione Gimbe si sono accorti che contagi ed effetti letali del virus stanno scomparendo (Figure 4 e 5). Su base settimanale, siamo nettamente sotto i 50 morti al giorno, presto saremo al minimo. Tenendo conto che siamo destinati a convivere con il virus e che molti milioni di italiani (non solo bambini) non si vaccineranno, possiamo dire che i livelli del contagio e della mortalità sono già al minimo. Ciò è avvenuto grazie alla vaccinazione, ossia grazie a un sistema che ha saputo stimolare la partecipazione del Paese. Una partecipazione corale: oggi i no-vax, gli agnostici del virus e i timorosi di gravi effetti secondari si vergognano se manifestano in pubblico le loro posizioni.

Figura 4. Nuovi contagi da Covid-19 in Italia fino al 20 giugno 2021 (Fonte: Johns Hopkins University – CSSE)

Figura 5. Morti da Covid-19 in Italia fino al 20 giugno 2021 (Fonte: Johns Hopkins University – CSSE)

Quando arriveremo all’immunità di gregge, cioè a quel 70% di immuni che nessun paese è ancora riuscito a raggiungere? Difficile dire. Tuttavia, se la storia è il metro del futuro, arriveremo al 60% prima di agosto e al 70% verso ottobre. Il generale Figliuolo pensa già all’80%. Sarà difficile arrivarci, perché la popolazione italiana di età fino a 14 anni è il 13% del totale. Se anche si vaccinassero tutti gli italiani da 15 anni in su, quel 13% di bambini e ragazzi fino a 14 anni determina un massimo teorico dell’87%. Sappiamo già che non si sono vaccinati neppure tutti gli ultrasessantenni (che sono comunque solo il 29,6% della popolazione) e che in ogni paese è più difficile vaccinare la popolazione tra i 15 e i 59 anni (che è ben il 52,2%). Quindi conviene non sperare l’impossibile.

Inoltre, non vediamo perché, una volta raggiunto un traguardo elevato, si debba alzare l’asticella. Non dobbiamo protrarre di un sol giorno la situazione di sofferenza sociale ed economica causata dall’emergenza. Il 70% di vaccinati dovrebbe bastare; se non basterà, si provvederà, ma non fasciamoci la testa prima di prendere il colpo.

È, invece, molto più importante che la gente non sia distratta dalla gestione della ripresa e, in modo particolare, dalla gestione del Pnrr. La nostra capacità di spendere bene i fondi dell’Unione Europea, vale a dire i denari della generazione di italiani nata da poco, deciderà del futuro dell’Italia. Questo, e non il folclore della mascherina o delle distanze nei balli giovanili di massa, è il problema attuale. Infatti, qualcuno ventila che, in alcune grotte segrete dell’Appennino, i soliti noti stiano mettendo a fuoco i loro interessi sul Pnrr e che la discussione sulle mascherine miri  a distrarre l’attenzione popolare dal Piano. Ne hanno, in modo generico, discusso i partiti politici durante la transizione dal secondo governo Conte a quello a guida Draghi, ma non c’è stata una discussione di sostanza con il paese reale. Parliamone, dunque, soprattutto se si considera che il Piano prevede modifiche alla struttura del Paese che ne condizioneranno il futuro per decenni a venire.

Facciamo un esempio, ma è solo uno dei tanti. Il Piano prevede il raddoppio dei frequentanti gli Its (Istituti tecnici superiori), un istituto formativo post-superiore di due o tre anni che, in ogni paese occidentale, è considerato il facilitatore dell’occupazione giovanile, poiché si basa sull’alternanza tra la formazione scolastica e quella sul lavoro. Il Piano prevede il raddoppio della frequenza agli Its, senza tener conto che i diplomati del 2020 sono stati solo 18mila e che il raddoppio resta un numero senza consistenza. Praticamente, lascia le cose come sono. Invece, nel giro dei prossimi cinque anni, gli iscritti a queste scuole di “supertecnici” dovrebbero aumentare come minimo di 5 volte, ma molti esperti arrivano a 10 volte, rispetto ad oggi.

Cambiare “alla gattopardo”, ossia perché cambi la forma lasciando inalterata la sostanza delle cose, fa parte dell’Italia da lasciarci alle spalle. L’impiego di personalità come il generale Figliuolo, ma per fortuna ce ne sono anche altri capaci di operare con concretezza, dovrebbe essere la norma e non l’eccezione.

Mettiamola così. Facciamo raggiungere a Figliuolo il 70% di vaccinati completi e poi diamogli un altro incarico prima che si affezioni alle punture. Non giochiamoci il settebello come una scartina qualsiasi. Fare strade e ponti, avvicinare la burocrazia pubblica al cittadino, far incontrare imprese e scuola per agevolare la transizione dei giovani al lavoro, rimettere in funzione il sistema sanitario territoriale uscito con le ossa rotte dalla pandemia, verificare che il reddito di cittadinanza non vada ai furbetti o a chi non vuole lavorare, creare ex novo un sistema di sorveglianza per frenare sul nascere le epidemie, e quant’altro non funziona in Italia (la lista è, purtroppo, lunga), questi dovrebbero essere gli obiettivi assegnati – con incarichi ad acta giustamente pagati – ai Figliuoli d’Italia.

In pratica, si tratta di togliere il potere di fare e disfare a quei burocrati – ministeriali, regionali e di organizzazioni semi-private – che finora poco hanno fatto e molto hanno abborracciato e che non vedono nei miliardi del Piano le stesse occasioni di riforma che gli altri italiani sperano. Siamo in un crocevia della storia, qualcuno vi intravede la possibilità di un nuovo Rinascimento. Però, se si sbaglia, si torna più poveri di prima.

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